Caro Avvenire, ho visto in tv una pubblicità che utilizza la Natività e sono rimasto profondamente disgustato dalla totale mancanza di rispetto verso i cristiani. Fate qualcosa di equivalente sull’Islam, se avete coraggio, cari pubblicitari. Ma non c’è modo di bloccare questa infamia?
Luciano Badesso
Grosseto
Caro Badesso, lei usa parole veementi nei confronti di uno spot che mi tocca riassumere per rendere edotti del caso i lettori ancora ignari. Una piattaforma online per la compravendita e l’affitto di immobili ha fatto mettere in scena un dialogo tra Maria e Giuseppe in cerca di casa, alla presenza dei tre magi. Se il tono e l’ambientazione risultano ironici e non particolarmente offensivi (“abbiamo comprato troppa mirra per un’abitazione senza cantina”), convocare la Sacra Famiglia per una pubblicità commerciale lascia sempre perplessi. La battuta finale, poi, può strappare un sorriso, ma anche offendere la sensibilità di alcuni fedeli (per questo non la riporto).
Personalmente, se fossi un pubblicitario, non avrei proposto questo soggetto. E se fossi stato il direttore commerciale o della comunicazione di Idealista (cito l’azienda perché è giusto che ciascuno si prenda le proprie responsabilità), non l’avrei scelto. Detto questo, spesso è difficile tracciare il confine tra rispetto che si deve ai credenti e libertà di espressione tutelata dalla Costituzione. D’altra parte, vicende come queste dovrebbero essere affrontate a un livello intermedio, con iniziative della società civile, senza pretendere che cali dall’alto una censura ufficiale.
Persone come lei, caro Badesso, che sono state offese dalla promozione tv in oggetto dovrebbero scrivere all’azienda manifestando la propria contrarietà e raccogliere adesioni per una protesta pubblica. La reputazione è la merce più preziosa per i venditori (il successo di Amazon si basa sull’ossessione per la soddisfazione dei clienti). Pertanto, nessuno ha piacere a conquistarsi visibilità grazie a un tema controverso.
Quanto all’islam, ogni religione va tutelata, nessuna tuttavia deve avere uno status speciale (e non mi pare che ne esistano in Italia dove, accanto a molte isole culturali di politicamente corretto, esistono anche media apertamente antimusulmani). In ogni caso, il tempo di Natale spinge a considerazioni più generali. Ho letto qualche giorno fa un’intervista del filosofo e politico Massimo Cacciari, in cui si sottolineava la crescente scristianizzazione dei nostri Paesi. Non secolarizzazione, dice Cacciari, proprio rimozione del Vangelo e oblio dei suoi precetti di umanità, al di là della fede in una divinità trascendente. A parte la difficoltà di scindere il messaggio di Gesù dall’idea di un Padre di tutti che ci rende fratelli dall’uguale dignità, la pessimistica considerazione fa riflettere.
Cosa dobbiamo fare per contrastare questa tendenza? Dare una testimonianza efficace del nostro essere cristiani, viene da rispondere, tanto nelle scelte fondamentali quanto nelle relazioni quotidiane: essere amabili e fermi, portatori di speranza, carità e misericordia. Ci sono più donne e uomini di buona volontà di quanto pensi Cacciari. È vero però che non sempre riescono a sovrastare il rumore delle chiacchiere vuote e a farsi notare. “Avvenire” fa la sua parte, serve il contributo di ciascuno. Boicottare uno spot può essere una modalità per incidere, l’importante è evitare, come ha dichiarato di recente l’arcivescovo di Milano, che la Chiesa diventi “antipatica” (senza guadagno, aggiungo io).
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