Pronta cassa per il bonus di 1000 euro messo a disposizione delle famiglie che avranno un secondo figlio. L'Inps si è impegnato ad effettuare il pagamento dell'assegno entro 30 giorni da quando il Comune di residenza della madre avrà trasmesso i dati necessari. L'assegno, infatti, è concesso dai Comuni ma è erogato dall'Inps. Le famiglie interessate non devono presentare alcuna domanda perché saranno le Anagrafi a provvedere alle verifiche sulle nuove nascite. Il Comune ha quindi l'obbligo di comunicare all'Inps i dati per il pagamento entro 10 giorni dalla denuncia dei nuovi nati o dei bambini adottati. Non è escluso che, ove si presentino difficoltà tecniche nell'avvio di queste operazioni, si possano utilizzare sistemi diversi oppure che lo stesso Inps possa svolgere direttamente compiti propri dell'ente locale.
Trento e Bolzano hanno, in ogni caso, regole separate. Le due province, essendo autonome, provvedono non solo alla concessione ma anche all'erogazione del beneficio a favore delle donne residenti, secondo quanto stabilito dai rispettivi statuti.
La nuova provvidenza spetta a tutte le donne, cittadine italiane o comunitarie, per ogni secondo figlio e per ogni figlio ulteriore per ordine di nascita (cioè il terzo, il quarto e così via) nato durante il periodo dal 1° dicembre 2003 fino al 31 dicembre 2004. Il bonus è previsto anche per i bambini adottati (anche se è il primo figlio adottato) a patto che l'adozione avvenga nello stesso periodo stabilito per le nascite naturali. I bambini semplicemente affidati non danno diritto all'assegno. Secondo le previsioni ministeriali, potrebbero utilizzare questo bonus circa 300 mila famiglie.
L'assegno non è vincolato ad alcun limite di reddito né della madre né della sua famiglia. Inoltre non costituisce reddito ai fini fiscali e previdenziali e può essere cumulato con analoghe provvidenze o indennità e con qualsiasi altro reddito.
Bonus al padre? E' stato già avanzato questo interrogativo. Solo la madre però ha diritto all'assegno di mille euro. Il suo diritto è strettamente personale e non coinvolge in alcun modo il padre, lavoratore o non lavoratore. La legge 326 lo prevede, infatti, solo per le "donne", coniugate o nubili. Non è la prima volta tuttavia che, in tema di provvidenze alla maternità, il Ministero del lavoro abbia poi fornito interpretazioni estensive delle leggi, corrispondenti alle concrete esigenze della famiglia.
Ricalcando i casi di maternità nei quali può subentrare il padre lavoratore, si possono valutare questi scenari, successivi alla nascita:
a) grave malattia della madre: il padre potrà ottenere il bonus ma solo in qualità di delegato alla riscossione.
b) decesso della madre: il bonus spetta al padre solo in qualità di erede, anche in concorso con altri.
c) la madre abbandona il neonato: è il solo caso in cui, per analogia con altre indennità, il bonus potrebbe essere concesso direttamente al padre.
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