Non ti fidare, ragazzo mio, di quelli che promettono di farti ricco dalla mattina alla sera. Per il solito, o sono matti o imbroglioni!
Mi si è rimproverato, da parte di un lettore, di non aver mai preso a modello delle nostre riflessioni almeno un passo del Pinocchio di Collodi, che quest'anno ha celebrato i suoi trionfi con Benigni. Lo accontenteremo subito con questa facile citazione di un ammonimento del Grillo Parlante, un personaggio che non ha avuto molta fortuna non solo perché sarà spiaccicato da Pinocchio ma anche perché diverrà nel nostro linguaggio comune uno stereotipo per indicare il moralismo pedante, barboso e barbogio. In verità, le sue lezioni, pur venate talora di perbenismo, sono l'eco costante della coscienza che vanamente cerchiamo di tacitare.
Prendiamo non tanto il tema dell'illusione della ricchezza che miete ancor oggi legioni di vittime (ci si stupisce sempre come molti riescano a credere a baggianate di ogni genere quando c'è di mezzo il miraggio di realizzare soldi subito e senza fatica). Consideriamo, invece, il motivo della promessa, un argomento tanto caro ai politici che - dato il costo così basso che ha il promettere - dispensano a piene mani. Spesso, infatti, è difficile tracciare una linea di demarcazione netta tra la promessa e l'inganno. Promettete, promettete, qualcosa resterà, potremmo dire parafrasando una celebre frase sulla calunnia del Barbiere di Siviglia di Beaumarchais. Sì, perché la speranza è sempre l'ultima a morire e la vittima di una promessa non lascerà mai estinguere il lucignolo dell'attesa di un dono. Ma qui entra in scena il monito del grillo che ci invita al sano realismo e al sospetto. E se siamo in vena di promesse vane, vale il monito di Cristo: «Sia il vostro parlare sì, sì; no, no!» (Matteo 5, 37).
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