Non sarà facile sconfiggere il bullismo nelle scuole se si continua a tollerare e lasciare impunita la violenza dei tifosi negli stadi e fuori. Il calcio è il più popolare e idolatrato degli sport. Più che uno sport è una cultura, una religione e diventa presto, sempre più presto, nei bambini di otto-nove anni, il principale modello di comportamento maschile. Grazie al calcio, non solo quello giocato in campo, ma quello delle gradinate gremite di bande e branchi di delinquenti in libera uscita domenicale, la violenza agli occhi dei bambini comincia subito a sembrare normale, giustificata, spettacolare, esaltante, eroica. Con la scusa e la copertura della passione calcistica, si scatena settimanalmente il teppismo e il bullismo di adulti che entrano in stato di guerra sotto gli occhi di una polizia impotente, impreparata e intimidita.
Lo spirito sportivo è violenza competitiva, lotta e sopraffazione sublimata e governata da regole. Ma nel pubblico la sublimazione regolata è abolita, si libera in uno spazio improprio, che con lo sport non ha niente a che fare. Ed è assurdo che si debbano impiegare sempre più ingenti e preziose forze di polizia per controllare dei mentecatti criminali. Il solo deterrente è la punizione esemplare e severa: anche (perché no) più severa del giusto"
I bambini sono meno stupidi di quello che gli adulti vogliono credere. Sentono e vedono tutto. E sono straordinariamente mimetici. I guai della scuola nascono solo in parte nella scuola. Vengono dalla società e dalle famiglie: dalle cose in cui gli adulti mostrano di credere con il loro comportamento. Prima del bullismo a scuola, va sconfitto il bullismo dei tifosi. Ma faziosità, risse, tifo e bullismo sono diffusi anche in politica. Il modello della politica è infatti il calcio. I partiti si comportano spesso come bande di tifosi. Da dove cominciare? Si cominci da tutte le parti. Non esiste il centro della società. Il centro è dove mi trovo. Non ci sono alibi.
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