L'agricoltura italiana è stata premiata. Non accade tutti i giorni, ma ogni tanto. E non può che far piacere, visto che, per il resto, le imprese verdi devono affrontare continue crisi di mercato oltre che la crescita dei costi di produzione. Ancora una volta, tuttavia, è dimostrata l'estrema variabilità dell'economia agricola, oltre che le sue capacità di rilancio quando vi siano le
condizioni giuste.
A riconoscere i meriti delle aziende agricole è stato, per esempio, il recente rapporto di Legambiente che parla del «lavoro svolto dagli imprenditori agricoli in questi anni per garantire alla campagna italiana valori da primato sul piano qualitativo, della valorizzazione del territorio, del turismo sostenibile e del rispetto ambientale», come ha fatto notare subito Coldiretti snocciolando di seguito tutti i «primati». Basta pensare agli oltre 4mila prodotti tradizionali censiti dalle Regioni, ai 148 DOP e IGP, ai 453 vini a denominazione. Basta anche fare riferimento - sempre che anche questo sia un merito - al fatto che gli stranieri, quando pensano all'Italia, hanno in mente prima di tutto il cibo e i vini e molto dopo i luoghi d'arte. Tanto che 3,5 milioni di turisti all'anno scelgono mete enogastronomiche nostrane che, detto in soldini, significa un bilancio da 800 milioni di euro. Mentre quello dei prodotti a denominazione - stando a calcoli della Cia - arriva a nove miliardi di euro.
Ma, al di là dei rapporti e degli studi, molto di più sono significativi i premi che i nostri prodotti ricevono dai mercati. Specialmente quando arrivano dopo anni di difficoltà. È il caso, per esempio, delle arance rosse di Sicilia e del loro successo sul mercato giapponese. Merito, in questo caso, di un'accurata politica di diversificazione del prodotto. «La trasformazione in succo surgelato, bevibile allo stato fresco, accanto al tradizionale concentrato, è stata la mossa vincente», ha infatti spiegato Confagricoltura. Il risultato è stato un balzo in avanti del 20% dell'export in Giappone.
Notizie positive, dunque, che però non devono nascondere il mare di problemi in cui sta navigando il comparto. Ad iniziare dall'ulteriore crescita dei costi di produzione dovuta all'aumento del prezzo dei carburanti. Dall'inizio dell'anno ad oggi, il prezzo del gasolio agricolo è salito del 18%. Molto di più che in tutto il 2004, quando l'aumento è stato del 5% rispetto all'anno prima. Una tendenza pericolosa, non solamente per la generalità dei prodotti agricoli, ma soprattutto per quelli a maggior valore aggiunto. Produzioni in serra e stalle, infatti, rischiano di vedere i costi spiccare un ulteriore salto in avanti proprio in un momento delicato per il mercato. Tutto mentre a marzo i prezzi ottenuti dai produttori sono scesi del 3%. Insomma, come al solito, mentre i prezzi pagati dagli agricoltori per le materie prime sembrano aumentare, quelli ottenuti dalla vendita dei prodotti non appaiono in crescita. L'agricoltura, così, continua a lavorare per contenere l'inflazione. Anche questo è un merito per gli imprenditori agricoli, anche se non li fa certo felici.
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