Povertate, via sicura/ non ha lite né rancura;/ de latron non ha paura,/ né de nulla tempestate"/ Povertate è nulla avere/
e nulla cosa puoi volere,/ e onne cosa possedere/ in spirito de libertate.
Tutte le volte che sono passato da Betlemme e ho celebrato la Messa nelle grotte che si ramificano sotto la basilica della Natività, ho pensato alla scelta radicale di Girolamo, il santo che oggi il calendario commemora. Era un conferenziere acclamato a Roma, coccolato e temuto dalla nobiltà e dal papa, dedito a studi amati, dotato di intelligenza e di autorevolezza, libero di far emergere anche un temperamento tutt'altro che bonario. Ed eccolo, invece, lasciare tutto e ritirarsi per 33 anni nell'aspra solitudine di quelle grotte, con una vita ascetica rigorosa, accompagnata solo dallo studio delle Scritture.
Questo distacco simile a un colpo di spada mi fa rievocare a memoria alcuni versi di una celebre «Laude» di Iacopone da Todi, un'altra figura di convertito radicale, dall'animo fremente
e ruvido, pronto a seguire san Francesco con una scelta totale e assoluta di povertà. Ai nostri giorni parlare di distacco, di abbandono, di ascesi, di austerità, si corre il rischio di essere sbeffeggiati, tanto è forte il richiamo del consumismo e del benessere. Certo, la società oggi è molto più complessa e le relazioni più articolate. Ma avere il coraggio di tagliare qualche legame con le cose, di tradire qualche idolatria, di ritrovare un po' di più lo «spirito de libertate», di donare e rinunciare è così necessario da non poter essere dilazionato, pena la riduzione del cristianesimo a un vago sistema di pensiero e devozione e non a una scelta di vita, di amore e di libertà.
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