La lotta alla povertà segna un punto a suo favore grazie alla legge n. 33 del 15 marzo scorso, che istituisce nuove misure di sostegno per i cittadini in condizioni di estrema povertà. La legge, inoltre, prevede il riordino del sistema, ora frammentato e scoordinato, di vari sussidi e prestazioni sociali. Al centro dei nuovi provvedimenti è il REI, il "Reddito di inclusione", un beneficio finalizzato a sostenere le famiglie sull'orlo della povertà assoluta specialmente a causa della perdita del lavoro.
Tuttavia, controcorrente alla lotta alla povertà, è in arrivo, tra pochi mesi, un provvedimento a orologeria innescato dalla riforma Fornero. L'aumento dei requisiti richiesti con la riforma per le varie prestazioni della previdenza investe anche l'assegno sociale dell'Inps, destinato da sempre a sostenere le fasce anziane della popolazione con reddito zero o di basso importo. Il requisito dell'età anagrafica richiesto per l'assegno sociale, attualmente di 65 anni e 7 mesi (l'aggiunta è per la speranza di vita), salirà dal 1° gennaio 2018 a 66 anni e 7 mesi di età.
L'aumento di un anno si presenta particolarmente odioso per le migliaia di anziani in povertà, uomini e donne, ora alla soglia dei 65 anni e 7 mesi, che saranno obbligati ad attendere ancora un anno per ricevere un sostegno economico per essi essenziale ed insostituibile. Il risparmio per le casse dello Stato, ottenuto dal rinvio di un anno di nuovi assegni sociali, ammonta a circa 200 milioni di euro (elaborazione da dati Inps), ricavato tuttavia non da categorie sociali in età lavorativa e con redditi soggetti ad Irpef, ma posto a carico di chi è già, ed oggettivamente, in condizioni di bisogno. Al risparmio del solo anno 2018 si aggiungeranno poi, in progressione, quelli relativi alle classi anagrafiche che precedono i sessantacinquenni dello stesso 2018.
A soffrire l'aumento dell'età saranno in particolare anche i numerosi titolari di assegno per invalidità civile, i quali, pur con il filtro dei limiti di reddito, al compiere dei 65 anni passano automaticamente dai 279 euro mensili da invalido al sollievo, pur modesto, dei 448 euro dell'assegno sociale.
L'amara sorpresa della riforma esprime, ancora una volta, la non chiara distinzione tra il settore dell'assistenza e quello della previdenza, presente anche nei bilanci dell'Inps. Un'analisi più attenta della riforma, mette infatti in evidenza come all'assegno sociale sia stata applicata la stessa progressione dell'età anagrafica destinata propriamente al settore delle pensioni. Il prossimo Documento di economia e finanza 2017 offre l'occasione per rimediare all'abuso della riforma.
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