Pnrr, per l’Italia il bello deve ancora arrivare
domenica 7 luglio 2024
Gli 11 miliardi incassati dall’Italia con la quinta rata del Pnrr sono la buona notizia con cui ZeroVirgola decide di andare in vacanza. Ci rivediamo a settembre, ma intanto per l’estate l’Europa ha versato un assegno che ci farà dormire qualche sonno tranquillo in vista di un autunno che già si preannuncia un rebus, come la Finanziaria a corto di oltre 20 miliardi di coperture. Da Bruxelles, beninteso, non è arrivato proprio un regalo: dei 194,4 miliardi totali che l’Italia riceverà di qui al 2026, 122,6 miliardi sono in prestito e andranno restituiti; gli altri 71,8 miliardi, invece, sono trasferimenti a fondo perduto. «L’Italia ha raggiunto risultati molto incoraggianti sull’attuazione del Pnrr, ha un ottimo ritmo rispetto anche ad altri Stati membri», ha detto giovedì Marie Donnay, la direttrice della Commissione europea per il Pnrr a un evento organizzato dall’Anci. Sottolineando che «Finora tutte le richieste di pagamento sono state inviate alla Commissione Europea nei tempi stabiliti dal calendario concordato con il Consiglio europeo». Con la quinta rata ora siamo al giro di boa. Martedì scorso, mentre veniva versata, la cabina di regia
governativa metteva a punto il piano degli interventi che dovrà coprire la settima, da 18,3 miliardi attesa nel 2025 (dopo la sesta richiesta dieci giorni fa e prevista entro la fine dell’anno): si va dalle colonnine elettriche di ricarica per auto alla realizzazione di 480 centrali operative territoriali in materia di salute pubblica a 55mila borse di studio agli studenti meritevoli e 7.200 borse di dottorato. Un punto della situazione nel mezzo di questo traffico di rate che vanno e vengono l’ha fatto in settimana Assonime, l’associazione delle spa italiane che da mesi monitora con attenzione l’avanzamento del Pnrr. Il quadro che ne emerge si presta a una doppia lettura: l’Italia per ora resta molto brava a chiedere ma più lenta a spendere, se è vero che al 31 dicembre scorso risultavano impiegati 43 miliardi, il 23% del totale. Da allora un po’ di strada in più si è fatta, ma l’associazione fa notare come le misure che, al 31 dicembre 2023, risultavano aver assorbito maggiori risorse (28,1 miliardi) «sono in prevalenza assorbite da strumenti di incentivazione fiscale, di cui circa la metà (14,2 miliardi) si riferiscono agli incentivi alle imprese, nel cui ambito rientrano soprattutto gli interventi riferiti a Transizione 4.0, e per l’altra metà a contributi a favore di soggetti privati diversi da unità produttive (per esempio gli incentivi alle famiglie, o gli Ecobonus)». Cifre che ribadiscono come l’Italia se la cavi meglio quando c’è da concedere uno sconto fiscale che con gli investimenti e, in generale, la spesa. Al 31 dicembre degli 80,5 miliardi previsti per la realizzazione di lavori pubblici appena 10 erano stati impiegati, dei 45,3 miliardi destinati all’acquisto o alla realizzazione di servizi solo 3,6 risultavano spesi. Niente allarme rosso, non ancora per lo meno. Di certo, però, l’Italia – secondo un costume a noi tutti familiare, e a tutti i livelli – si è lasciata per la parte finale il compito più difficile, visto che tra il 2024 e il 2026 dovremo spendere 151 miliardi. Ce la faremo? Intanto buone vacanze, ci rivediamo il 15 settembre. © riproduzione riservata
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