Pil e prezzi, gelata sui campi
sabato 17 giugno 2006
L'agricoltura frena l'inflazione ma frena anche se' stessa. Proprio così. Stando alle ultime indicazioni statistiche, infatti, da una parte le imprese agricole nazionali perdono sul fronte del contributo al Prodotto interno lordo nazionale e, dall'altra, continuano a soffrire di una ampia forbice fra prezzi di vendita e prezzi al consumo. Una situazione che ogni giorno diventa più pesante, e di fronte alla quale le organizzazioni degli agricoltori aspettano iniziative forti da parte del nuovo governo. Guardiamo ai numeri. Nel primo trimestre del 2006 secondo l'Istat, il settore agricolo ha manifestato una flessione del proprio valore aggiunto pari al 6,1%. Un dato pesantemente negativo, soprattutto se confrontato non solo con la situazione già critica del comparto, ma anche con le buone prestazioni delle altre componenti dell'economia. Andamenti congiunturali positivi, per esempio, sono stati osservati per il credito, le assicurazioni, le attività immobiliari e i servizi professionali (+0,9%) e per l'industria (+0,8%). Certo, non si tratta di numeri da capogiro, ma comunque di segnali di dinamicità positiva che vanno apprezzati. Per l'agricoltura, invece, si tratta di una perdita secca di valore che, in termini tendenziali viene confermata seppur in tono minore (-3,5%). Intanto, i prezzi praticati sui campi continuano a segnare percentuali al ribasso (a maggio -0,5% rispetto al mese precedente). Si tratta, in questo caso, di una dato ulteriormente negativo per gli imprenditori agricoli e, ovviamente, in qualche misura positivo per i consumatori. Durante il 2005 i prezzi agricoli alla produzione hanno avuto una flessione pari al 4,6%. Diversa e differenziata, invece, la situazione sui banchi di vendita. Ma l'opera di «freno» all'inflazione da parte dei produttori agricoli rimane comunque tutta. Una magra consolazione, tuttavia, visto che nel frattempo i costi di produzione non sembrano analogamente diminuiti. Ma, a questo punto che fare? Le organizzazioni degli agricoltori sembra abbiano le idee chiare, tradotte in affermazioni altrettanto decise. C'è quindi la «necessità di una politica nuova nei confronti dell'agricoltura italiana», occorre «delineare un progetto mirato per aprire prospettive certe di ripresa e sviluppo», servono «atti veramente concreti». Bisogna - è sempre il pensiero delle associazioni degli agricoltori -
«che si realizzi un salto di qualità rispetto a un passato, anche recente». Torna con forza la «concertazione», con l'accorgimento però che questa «deve avere un carattere propositivo e se possibile progettuale», mentre «la politica economica non può ridursi a mera politica industriale». Affermazioni tutto sommato sacrosante, che devono essere accompagnate da piani d'azione precisi, ma che si scontrano, tuttavia, con l'impossibilità da parte del nuovo ministro dell'agricoltura, Paolo De Castro, di usare qualsiasi bacchetta magica - sempre che questa davvero esista - anche se i campi italiani pare si aspettino proprio questo.
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