L’aggiornamento professionale, un obiettivo da conseguire per i lavoratori del settore pubblico, categoria tradizionalmente burocratica ma protesa alle nuove applicazioni del digitale. Una decisa svolta per il settore si rinviene in precise missioni del Pnrr da realizzare entro il 2024. In questa ottica l’avviso n. 84780 del Miur (18 ottobre u.s.) punta particolarmente alla transizione digitale del personale scolastico.
Accanto ai vasti interventi del Pnrr, è sempre operativa anche una formazione dei docenti ”fai da te”, senza distinzioni di ruoli o posizioni lavorative. Si tratta dei permessi retribuiti di 150 ore per motivi di studio da usufruire nell’anno 2023, tra il 1° gennaio e il 31 dicembre. Le richieste devono essere presentate alla scuola di servizio entro il termine del 15 novembre 2022, ma diversi uffici scolastici regionali hanno aggiunto proprie disposizioni. Per non sguarnire le attività di docenza, la concessione dei permessi avviene entro un contingente del 3% degli aventi diritto.
Le assenze dal lavoro per conseguire un diploma o di un altro attestato formativo consente ai dipendenti interessati di acquisire titoli per aumenti di stipendio o per una progressione di carriera. La stessa pubblica amministrazione ha interesse che il personale abbia una elevata formazione professionale, in particolare di livello universitario specie quando si tratta di posizioni o di funzioni apicali. Una crescente attrattiva per i permessi di studio accompagna la presenza dei corsi organizzati dalle università italiane online (attualmente 11 atenei sparsi fra le Regioni), e ampiamente pubblicizzate sui media. A questo concorre il riconoscimento ufficiale presso il Ministero dell’Istruzione delle università o dei corsi telematici che, se in possesso di particolari requisiti, vengono abilitati a rilasciare titoli accademici.
Diversa è l’utilità dei corsi sia in presenza sia online (detti “corsi di studio a distanza”) sui trattamenti di pensione. I titoli accademici e professionali possono essere riscattati in qualsiasi tempo prima dell’effettivo pensionamento, allo scopo di accre-scere il proprio montante di contributi pensionistici. Sempre a condizione che i periodi studio non si sovrappongano a periodi lavorativi, a meno che non sia stato concesso un periodo di aspettativa non retribuito.
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