Uno dei segreti del vero talento è saper vedere tutto "per la prima volta": guardare una foglia come se non se ne fossero mai viste, poiché soltanto allora essa può apparirci in tutta la sua novità. La capacità
di sapersi ancora meravigliare è il genio dell'infanzia, così presto soffocato dall'abitudine e dall'educazione.
Ciò che incanta nello sguardo di un bambino è il suo essere abbacinato e affascinato di fronte alla scoperta della realtà: può essere anche solo una formichina o una farfalla, ma i suoi occhi sono spalancati in uno stupore immenso, pronto a non perdersi nessun movimento, nessun colore, nessuna forma. Il suo è, infatti, lo stesso sguardo di Adamo, il primo uomo, intento a scoprire la creazione che si dispiegava davanti a lui. È proprio dalla meraviglia del bambino che lo scrittore cattolico francese Julien Green (1900-1998), nel suo Diario, parte per invitarci a purificare il nostro occhio dall'abitudine, dalla distrazione, dalla superficialità.
Saper ritrovare il gusto della "prima volta" contemplando le cose o vivendo gli eventi significa intuire il senso profondo della realtà e assaporarne il succo vero. Ai sacerdoti un tempo gli antichi maestri dello spirito suggerivano di celebrare ogni Messa come se fosse la prima e l'ultima. Questa lezione, anche se impraticabile per ogni atto e per ogni giorno, dovrebbe essere adottata almeno per un singolo dato o fatto così da ritrovarne l'intensità e la bellezza.
Ma per far questo bisogna essere capaci di sostare e respirare, di contemplare e non solo di guardare, di ascoltare e non solo di sentire.
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