Avrei dovuto parlare del calcio perduto in Eritrea e di quei poveri nazionali che per colpa di un dittatore, da trent’anni il Paese nordafricano è ostaggio del sanguinario Afwerki , non hanno giocato contro il Marocco e sono stati costretti a ritirarsi dalle qualificazioni ai Mondiali del 2026. Una storia che a queste latitudini non sfiora quasi nessuno, perché qua ormai siamo a Jannikland. A Torino è scattata la “Sinnermania”. Era già tutto previsto, questa è semplicemente la foto, il selfie – parla come vivi - dell’Italia che va. Ed è sempre la stessa storia. Quando nasce un amore per un campione dello sport azzurro l’identificazione nazionalpopolare supera immediatamente i livelli di guardia. «Siamo un popolo di tennisti, siamo tutti Sinner!» urlerebbe con la giugolare gonfia d’orgoglio patrio il compianto fratellone d’Italia Giampiero Galeazzi. Nell’apoteosi collettiva attuale, quanto manca un aedo puro della telecronaca Rai come “Bisteccone”, uno che si infiammava e faceva ardere tutto il Foro Italico anche per una mezza veronica di Adriano Panatta. La narrazione dell’epica di Sinner in questo momento tocca proprio a lui, al vecchio Panatta, che affianca Marco Fiocchetti, per delle dirette di Rai2
non proprio con i fiocchi. Ma tanto, basta e avanza lo spettacolo in campo che offre il portentoso ragazzo di San Candido. In questa settimana torinese delle Finals abbiamo visto cose che noi umani troppo umani del tennis italico stentavamo a credere. E ora ahivoglia il censore Nicola Pietrangeli a tirar fuori dall’insalatiera dei ricordi del secolo scorso termini di paragone rispetto a questo Pel di carota dal talento immenso. Nella regale Torino è nato un re e a prescindere dall’esito della finale di oggi, qui ci troviamo di fronte a un fenomeno tricolore. Italiano di passaporto Sinner, ma per fortuna dati i parametri tradizionalmente sbilanciati del tennis azzurro, poco italiano. Un giovane, altoatesino, più concentrato sullo sport e sul raggiungimento degli obiettivi che sulle vacuità della Generazione Z, ostaggio dei social e delle cantilene tormentone da Italodisco. Stiamo parlando di un 21enne che vive e pensa da saggio: un fenicottero (gambette da rinforzare) dallo sguardo fiero e sempre rivolto ben oltre le vette delle sue Dolomiti, ma con i piedi ben piantati per terra. Di uno così lo scriba massimo dei gesti bianchi, il poeta e anche “quello del tennis”, Gianni Clerici dopo la disintegrazione della bestia nera Medvedev avrebbe riscritto pagine da Guerra e pace. Sinner ci regala già una certezza, che grazie alle sue prodezze aggiorneremo continuamente la storia del tennis mondiale. Non siamo tra le folte schiera di quelli che solo adesso salgono sul carro del vincitore: di Jannik sapevamo che prima o poi sarebbe esploso fino ad arrivare al vertice, ma non era nelle nostre facoltà prevedere il come e il quando. Ora che è accaduto, ci ha piacevolmente spiazzati come una delle sue smorzate a rete, e l’effetto che restituisce al Paese in preda alla “Sinnermania” è un briciolo di autostima in più, perché un tennista italiano, potenziale n.1 del mondo, cominciavamo a temere di non poterlo incontrare mai.
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