Il decreto che introduce il "part time agevolato" ripara solo in parte, e in ritardo, alcune limitazioni imposte dalla riforma Fornero. Questa nuova forma di accompagnamento dei lavoratori verso la pensione è, di fatto, un ammortizzatore sociale, i cui costi ricadono essenzialmente sul bilancio dello Stato, entro uno stanziamento per il 2016 di 60 milioni di euro. I requisiti per accedervi sono semplici e ben definiti, ma già si intravedono alcuni dubbi che faranno sorgere i casi concreti.Il decreto traccia una serie di comportamenti da osservare, necessari affinché, nel complesso, non vengano superati i limiti finanziari. Sinteticamente: 1) si chiede all'Inps un certificato che attesta che i requisiti per la pensione (66 anni e 7 mesi di età e 20 di contributi) saranno raggiunti entro il 2018. 2) il lavoratore e l'azienda stipulano un contratto di lavoro speciale, con orario par time tra il 40% e il 60% di quello ordinario. 3) insieme alla retribuzione ridotta il lavoratore riceve in busta paga, ed esentasse, anche le ritenute contributive che il datore avrebbe operato sulla retribuzione intera. 4) non appena maturati i requisiti per la pensione cessa il lavoro e si ottiene l'assegno mensile calcolato a retribuzione intera.Beneficiari. Sono interessati i lavoratori (termine generico che comprende anche le donne) dipendenti di aziende private, i giornalisti e i dipendenti di aziende pubbliche con rapporto di lavoro privato. Sono esclusi i pubblici dipendenti e gli autonomi.Ordinaria o anticipata? Il bonus è destinato a maturare solo la pensione di vecchiaia. Non si estende infatti alla vecchiaia anticipata (ex pensione di anzianità, che richiede, senza l'età, 42 anni e 10 mesi di contributi), perché il decreto fa riferimento ad una disposizione della riforma che impone il possesso di una precisa età. Questo a meno di una lettura dell'Inps più favorevole.Ripensarci. Il part time agevolato prosegue, senza interruzioni, il rapporto di lavoro in corso, formalizzandolo con un accordo speciale esclusivamente ai fini pensionistici. È in favore del dipendente (l'azienda non può rifiutarsi), ma il decreto aggiunge «qualora non siano modificati i termini dell'accordo». Sembrerebbe quindi che la percentuale di part time concordato possa essere in seguito modificata, dovendo pero ripetersi ex novo i vari passaggi della procedura. Ma non si può escludere anche che il lavoratore per suoi motivi voglia recedere dal part time, malgrado l'agevolazione. Una estrema eventualità possibile solo con il consenso dell'azienda, restando in ogni caso valido tutto quanto avvenuto nel corso del periodo part time.
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