Ho avuto un solo vero idolo di gioventù e non era un campione del calcio, ma un fuoriclasse del cinema: Massimo Troisi. L’ho studiato a fondo, nei tic, nei passaggi in dialetto stretto, napoletano, (i dialoghi con Lello Arena sotto la pioggia per me sono quasi foto di famiglia). Sull’edizione di sabato di Avvenire abbiamo dato uno spazio importante a Laggiù qualcuno ti ama, il docufilm che gli ha dedicato un maestro del teatro e del cinema, un napoletano vero, come lui, Mario Martone. Un doc che rende bene fin dal titolo l’affetto e la nostalgia immensa che ha lasciato questa maschera meravigliosa e romantica di Troisi. Un “puro”, a detta di tutti quelli che hanno avuto la fortuna di accompagnarlo nel suo breve viaggio da Capitan Fracassa, durato appena 41 anni. Ma tanti sono bastati a questo Maradona della risata (Diego era un suo grande amico, i geni sono come gli amori veri, si annusano e si riconoscono) per diventare un punto di riferimento imprescindibile, un “patrimonio culturale”, cito lo scrittore Maurizio De Giovanni. Troisi sta al cinema come Eduardo De Filippo sta al teatro.
Due genialità assolute, figure che mancano tanto in questo tempo semideserto di talenti e di figure originali capaci di incidere in profondità nel mondo dell’arte e nella coscienza popolare, come hanno fatto Massimo e Eduardo. Qui e ora, invece è da un mese che ci interroghiamo miseramente e senza ombra di nobiltà sulla famiglia Ferragnez, i nuovi reali d’Italia, saliti al trono con il benestare dei sudditi in perenne look-down sui social, ma anche dei politici che legiferano e spiegano la società al popolo beota in modalità smartphone. Fedez che non sa neppure chi sia il suo illustre concittadino Giorgio Strelher, difficilmente avrà memoria, anche tramandata in famiglia, di Troisi, a meno che nei suoi viaggi virtuali, in podcast, non abbia intercettato qualche filmato del nostro eroe esemplare. Transit, direbbe Beppe Viola, un altro fuoriclasse volato via quarantenne che sapeva bene il valore del nostro Massimo.
Domani è il 19 febbraio, Troisi avrebbe compiuto 70 anni, e stento ad immaginarmelo con la testa argentata e con il sorriso triste di un uomo che ha già detto tutto quello che aveva da dire. Il suo Napoli quest’anno non perde più a Cesena ma vince anche col Sassuolo, come quando in Scusate il ritardo , angosciato ascoltava Tutto il calcio minuto per minuto. Talmente preso dalle sorti della sua squadra del cuore che non rispondeva neppure alla De Sio (Giuliana) che diceva di amarlo: lui, fintamente distratto si preoccupava di tutti i miliardi che spendeva Ferlaino per poi vedere certe figuracce in campo. Oggi Troisi sarebbe orgoglioso degli azzurri di Spalletti che stanno cavalcando verso il terzo scudetto. Quello che Troisi aveva previsto tanto tempo fa. Il giorno del primo scudetto del Napoli Gianni Minà gli chiese sornione: “Sei stato profeta quando hai intitolato il tuo primo film Scusate il ritardo”. “Gianni, aggio fatto sto film solo per questo”, rispose Troisi, che ancora più profetico si lasciò sfuggire: “Io mi auguro di poter usare presto anche Ricomincio da tre…”. Con un cinepresidente come Aurelio De Laurentiis, il film di questo campionato del Napoli si avvia ad intitolarsi proprio come avrebbe voluto il suo tifoso più vero, Ricomincio da tre. Caro Massimo, quanto ci manchi quaggiù, dove più di qualcuno ti ama e ti amerà per sempre.