Essere giovani è anzitutto avere e sentire un'abbondanza di spazio e di tempo intorno e davanti a sé. È il senso di una ricchezza ipotetica e potenziale. Nell'età giovane, anche se si sente il peso e la costrizione dei limiti (lo si sente molto!) non si desidera altro che superarli. Non c'è dunque niente di strano nel fatto che, dopo il Romanticismo europeo (Leopardi è “il più giovane” dei nostri classici e quello che più piace ai giovani), il maggiore veicolo culturale dell'età giovane siano stati, in Occidente e nel mondo, gli Stati Uniti, con l'egemonia conquistata soprattutto dopo il 1945 e tuttora in espansione anche al di là dell'Europa. L'editore Donzelli ha pubblicato ora un libro dell'italianista americano Robert Pogue Harrison, L'era della giovinezza. Una storia culturale del nostro tempo (pagine 212, euro 25,00) nel quale giovinezza e americanizzazione del mondo vengono continuamente connesse e discusse. Fra le tante idee messe in campo, mi limito a segnalarne due centrali. Fin dall'inizio l'autore insiste su questa tesi: «la nostra società ossessionata dalla gioventù ha in realtà scatenato una guerra contro quella stessa gioventù che sembra adorare», poiché la nostra epoca «finisce per privare i giovani di ciò di cui hanno più bisogno se sperano di crescere adeguatamente». Non li priva soltanto del lavoro e delle attitudini pratiche e morali connesse: «Li priva dell'ozio, di un riparo, della solitudine, vale a dire delle sorgenti da cui si genera e si struttura l'identità, per non dire l'immaginazione creativa. Toglie loro la spontaneità, la meraviglia e la libertà di sbagliare. Li priva della capacità di dare forma a immagini a occhi chiusi, e quindi di pensare uscendo fuori dall'incantesimo dei film, dello schermo televisivo e di quello del computer. Impedisce loro di avere un rapporto espansivo e di immedesimazione con la natura. Li priva del senso di continuità con il passato». L'altra tesi è che la potente immaginazione giovanile di cui è dotata l'America ha un grave limite. Se da un lato libera energie e risulta comprensibile a culture più antiche, l'America ha difficoltà a capire culture diverse dalla propria. Insomma: la gioventù è comprensibile dall'età adulta, ma «non è in grado a sua volta di comprendere l'età adulta».
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