Parigi, un amore franco-algerino muove alla ricerca della «vita vera»
venerdì 5 luglio 2024
«Vedrai, un giorno comincerà la vera vita, l’importante è arrivarci interi», si sente dire la protagonista del romanzo di Claire Etcherelli, operaia e scrittrice francese nata a Bordeaux nel 1934 e scomparsa un anno fa. A cominciare dal titolo di questo libro notevolissimo (Élise o la vera vita, traduzione di Anna Scalpelli, L’Orma editore, pagine 249, euro 19,00) tutto verte intorno alla questione: cos’è la “vera vita”? La protagonista è una ragazza povera che da Bordeaux sogna Parigi, dove infine approda per raggiungere il fratello (amatissimo) e dove, con l’aiuto di lui, trova da lavorare in una fabbrica. Ogni giorno, nove ore di catena di montaggio («catena, una parola azzeccatissima (…) incollati alla catena come attrezzi, attrezzi noi stessi»). Un’altra ora di autobus per tornare nella stanzetta dove vive, la “ville lumière” guardata giusto a brevi sprazzi, con attonita, amara ammirazione. Ritmi di lavoro massacranti, il “piacere carnale” del riposo. La storia accade sul finire degli anni Cinquanta, presi a lavorare nella fabbrica ci sono anche operai africani e arabi, algerini soprattutto. Élise si innamora di un uomo della Cabilia, più grande di lei, silenzioso e serio come lo è il loro amore per come nasce e cresce. Anche in ragione del ruolo di supervisore che le è stato assegnato, la ragazza con sguardo acuminato segue ogni dinamica. Coglie la contraddizione tra la fraternità che lega gli operai e le propaggini del razzismo francese, ora, nel tempo della Guerra d’Algeria. E intanto, costante continua ad assediarla stessa domanda: cosa, dove è la vera vita? «Più irrequietezza? Una galleria di ritratti umani più ricca intorno a noi? Come ci saremmo accorti che la vera vita incominciava?». L’amore marca le sue cicatrici, belle e brutte, la ragazza e l’uomo più grande di lei con «ridicola prudenza» attraversano la città luminosa e inarrivabile, nel tentativo continuo di sfuggire alle retate anti-arabe della polizia. Monta la passione, turbano i batticuori. «Una voglia di dire tutto, il passato, il presente, il peggio e il meno peggio. E adesso che sai tutto, tira il filo e sbroglia la matassa!». Quando il sogno d’amore si avvera, arriva la frustrazione. Quella anche è vera vita – quella forse più di tutto. Esauditi i desideri, il presente è come fosse già passato. E insieme ecco, inesorabili, i dolori. Si spezzano linee che parevano infinite, asintotiche. Perdite, fratture, mentre la battaglia di Algeri del 1957 è scoppiata sconquassando ogni progetto, azzittendo ogni sussurro di futuro, separando chi si amava, uccidendo chi non ha saputo amare sé stesso. Forse allora la vera vita diventa ancora più vera? Alla giovane Élise sembra finita, lasciata la “ville lumière” farà ritorno a Bordeaux e a un’esistenza non segnata dalla stessa fatica che era in fabbrica, ma da più stenti. Eppure è lei stessa a percepire nel profondo il soffio di una speranza che non cessa, non muore. Goethe scrisse della libertà che essa appartiene a chi ogni giorno deve cercarla, inventarla, modellarla su sé stesso. Non molto diversa la vera vita. Palpita, passa e va: mentre nella sua autentica natura mormora l’eventualità di venire trattenuta, tenuta vicino a sé stessi, vicino al cuore. © riproduzione riservata
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