Paranoia e psicopatologia della politica: vale solo il conflitto?
sabato 12 luglio 2008
Paranoia e politica. L'impressione che, non tanto i politici come singoli, ma la politica come attività, abbia qualcosa di paranoico, è un'impressione da cui ci difendiamo per non cadere in un desolante pessimismo. Eppure come spiegare che gli schieramenti politici tendano a scegliere il conflitto perpetuo piuttosto che la collaborazione a un lavoro utile? E' la logica secondo cui l'avversario diventa, una settimana sì e una no, un nemico della democrazia da aggredire e demolire. Lo spirito di parte in Italia sembra più devastante che altrove. Le accuse che ci si lanciano sono tali da privare l'altro di ogni legittimità morale. Evidentemente non siamo ancora andati al di là della "criminalizzazione" reciproca.
Per quanto sembri anacronistico, irreale e ridicolo, i due schieramenti politici, al primo contrasto, cedono subito alla tentazione di accusarsi di comunismo o fascismo, come se nell'Europa di oggi comunismo e fascismo fossero due possibilità, due pericoli politici reali: mentre sono soltanto delle psicopatologie. Al primo errore, ci si accusa di volere il lager o il gulag. Nel volume intitolato Paranoia e politica (Bollati Boringhieri) il nesso enunciato nel titolo viene preso molto sul serio da una decina di studiosi. Nell'introduzione Simona Forti e Marco Revelli affermano che «la categoria di paranoia ci è sembrata poter diventare una chiave di comprensione utile per il presente». Sembrerà troppo, ma non è così, se è vero che riaffiorano di continuo teorie paranoiche della cospirazione e del complotto: così la scena politica diventa un luogo «in cui le parti sono rigidamente assegnate, secondo un copione che ha dimenticato il riferimento alla realtà». Se il conflitto è la prima cosa, il primo compito è cementare la propria identità di parte, anche a scapito dei fatti.
Il mio sospetto è però che in Italia i politici, più che essere paranoici, facciano finta di esserlo. La paranoia, vera o finta, fa sempre paura all'avversario. È come dipingersi la faccia prima della battaglia.
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