Era solo un po' di stanchezza per il viaggio: sono bastate poche ore di riposo e la minaccia di sostituirlo (è ancora in garanzia), e il mio robot ha ripreso alacremente la sua normale attività di "primo assistente" nel monitoraggio di siti e blog attenti all'attualità ecclesiale. Le notizie in cui, purtroppo, violenza e religione sono associate si confermano quelle più presenti in questi giorni, anche perché le guerre non vanno in ferie. Ma quelle che riferiscono dell'attività di papa Francesco le seguono, sebbene a una certa distanza, grazie alla ripresa delle udienze generali e a un tema che da vent'anni è l'eccellente paradigma delle tendenze dell'informazione religiosa: quello del rapporto tra i divorziati risposati e la comunità di fede. Il discorso del Papa stavolta fa centro sul concetto di «scomunica», naturalmente in senso lato, ribadendo uno dei motivi che lo hanno indotto a convocare i due Sinodi sulla famiglia.Ho trovato un prezioso complemento non solo a quel discorso, ma all'intera riflessione sul matrimonio cristiano nella breve parabola che Luigi Accattoli ha postato, diverse ore prima che il Papa parlasse, sul suo blog (http://tinyurl.com/pcpe9bh). La riporto nella sintesi dello stesso Accattoli: «In un paese del Meridione che è più giù di Eboli, una donna riaccoglie dopo vent'anni il marito fuggiasco e motiva il suo perdono dicendo alle amiche che lo riprende con sé perché è "lo sposo di Dio", cioè l'uomo che aveva sposato davanti a Dio».I primi commentatori colgono la ricchezza del post, e pur tentati dall'utilizzarlo pro domo sua nel dibattito sinodale ben evidenziano tanto le principali risonanze evangeliche (il figliol prodigo, lo "scandalo"...) della storia, quanto il contesto sociale e culturale di disparità tra l'uomo e la donna. Anch'io mi lascio tentare, e dico che la parabola è bella ai miei occhi perché la fedeltà della sposa al suo sposo fedifrago e al sacramento che li ha uniti passa attraverso un perdono.
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