Agricoltura in salita, cocciuta e determinata nel non farsi sconfiggere dai grandi numeri e dai “capitali impazienti”. Anche di queste agricolture è fatto l’agroalimentare nazionale. Preziosità che non possono certo sostituire le produzioni estensive e industriali, ma che devono esistere. Magari coinvolgendo i giovani. Con gli strumenti per guardare avanti. È il caso delle attività produttive Pantesche - cioè di Pantelleria -, che, rigogliose un tempo, ora lottano per esistere. Anche economicamente. Di questo si parlerà dal 5 al 7 maggio con “Pantelleria è Zibibbo”. Capperi e uva Zibibbo. Un pugno di produttori per entrambi. Ed entrambi “protetti” dalle denominazione europee. Un passato glorioso, un presente complicato e un futuro incerto. Questione di conti. Basta sapere che oggi sull’isola ci sono solo 357 viticoltori puri che coltivano 400 ettari di Zibibbo. Nel ‘60-’70 gli ettari vitati erano 5mila e le famiglie coinvolte circa 6mila. Oggi ad essere vendemmiati sono circa 18mila quintali di uva Doc tutta destinata alla vinificazione. Una produzione di poco più di 1 milione di bottiglie. Limitatissima la produzione di bottiglie di Zibibbo Doc Pantelleria dolce passito. E i prezzi? Gli esperti parlano dello Zibibbo come di un’uva d’oro ma non certo per chi la produce: che dice che un chilo di uva lo si vende ad 1,3 euro, quando potrebbe avere un valore potenziale riconosciuto di 5-7 euro; il prezzo medio della mezza bottiglia è di 7-8 euro quando potrebbe valere sul mercato anche 20-25. Agricoltura di nicchia, ci si deve accontentare. Salvo il fatto che l’agroalimentare non è fatto solo di conti ma anche di territorio e saperi che ci vuol poco a cancellare. Ci vogliono volontà e investimenti, dunque, che passano adesso anche per il Pnrr: 52 milioni da spendere al 2026 in 25 progetti. Impresa colossale per l’isola più vicina alla Tunisia che all’Italia. Impresa voluta dal Comune che cerca di mettere insieme occasioni per i giovani (che ancora ci sono), strumenti di sviluppo agricolo e alimentare, tutela del territorio e offerta turistica, senza trascurare i collegamenti con la Sicilia e con il resto d’Europa. L’obiettivo? Non certo quello di stravolgere l’agricoltura Pantesca che rimarrà sempre in salita, ma, piuttosto, quello di dare dignità e prospettive ad una delle ultime propaggini italiane nel Mediterraneo.
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: