«Questo paesaggio è disposto a fare a meno di me». Il verso del poeta Russo Iosif Brodskij stabilisce un punto di osservazione. Quello che ho intorno, luogo e tempo, di cui mi sento parte, continua, continuerà senza di me. La mia presenza, che per abitudine di esserci mi sembra ovvia, non è necessaria. Il paesaggio può fare a meno di me. Ho l’impressione di avere cercato finora di fare in modo che invece il paesaggio sentisse bisogno di me, per giustificarmi la vita. E se non proprio bisogno, almeno riconoscesse che ne faccio parte. Poi viene un momento, seguito da altri, in cui ci si toglie con l’immaginazione dalla cartolina. Ci si accorge da fuori che non manca niente. Il posto a tavola è tolto insieme al nome sulla buca delle lettere. Viene il momento in cui questo pensiero arriva senza essere invitato e allena alla presa di distanza. Mi capita nei punti panoramici, davanti al mare e al suo alto orizzonte, sulla sommità di una montagna. Di fronte a queste vastità è più facile il pensiero affiorato nel verso di Brodskij: non durare a lungo. Per essere efficace deve passare come un vento in faccia. Subito dopo, rientrato nel paesaggio, resto soprappensiero, come chi cerca di ricordare qualcosa sfuggito di mente.
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