Adenti stretti ma fiduciose. Sono così le imprese dell'alimentare al giro di boa fra il 2013 e il 2014. E d'altra parte, il clima migliore registrato nell'alimentare va nella stessa direzione dei segnali di lieve ripresa dell'economia nazionale. Certo, a guardare dentro i numeri si scorge qualche ombra. Ma i segnali positivi paiono moltiplicarsi. E vanno certamente valorizzati.A dire la sua sul clima delle imprese è stata la consueta rilevazione dell'Ismea sull'ultimo trimestre del 2013, in «miglioramento rispetto allo stesso periodo del 2012». Si parla sempre di indici «in terreno negativo» (-4,3) ma in risalita di 9 punti rispetto al passato. Ed è questo che conta. Si consolida, cioè, la tendenza al miglioramento della fiducia delle industrie alimentari già rilevata dal secondo trimestre dell'anno, seguita a un pessimo avvio del 2013.A spingere verso l'ottimismo è stata la buona tenuta degli ordini, trainati dalla domanda estera, e il miglioramento del livello delle scorte. Si è, in altre parole, venduto di più. Anche se peggiorano le cosiddette «attese produttive di breve periodo». Ma, come accennato, per capire meglio occorre superare i numeri generali. A livello settoriale - dice l'Ismea -, i risultati mostrano una situazione piuttosto diversificata: pochi segmenti si distinguono per prestazioni positive (olio d'oliva, l'industria molitoria e dolciaria), altri presentano un miglioramento della fiducia ma un indice ancora negativo (pane, acque minerali e bevande analcoliche, carni rosse), mentre quasi la metà dei settori, oltre a mostrare un indice negativo, accusa un peggioramento della fiducia rispetto al trimestre precedente (lattiero-caseari, elaborati di carne, prima lavorazione delle carni bianche, ittico, pastario, mangimistica, vini, gelati). Infine, registrano un indice positivo ma accusano un peggioramento su base trimestrale, ortofrutta, riso e prodotti da forno. A ben guardare, ad avere il fiato corto sono alcuni dei comparti d'eccellenza della nostra tradizione agroalimentare. Una diversificazione si coglie anche a livello geografico, con il Nord che soffre più di Centro e Sud. In generale – rivela però l'indagine Ismea – le imprese sono riuscite comunque a incrementare nel 2013 il fatturato rispetto all'anno precedente, migliorando anche sul piano competitivo. A vincere di più, come prevedibile, sono state le imprese più in grado di esportare soprattutto al di fuori dell'Unione europea. Si tratta di indicazioni importanti per capire meglio su quali politiche di sviluppo puntare.
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