Dopo il vino anche l'olio. Nelle tradizionali stime produttive dei raccolti autunnali, quella dell'olio di oliva assume significati tutti particolari, quasi come le previsioni della vendemmia. E, alla pari dei vitivinicoltori, anche gli olivicoltori dovranno chiudere l'anno con un decremento produttivo che dovrebbe arrivare al 13,5%. L'olio, comunque, ci sarà anche quest'anno, così come il vino, il riso e gli altri prodotti dell'agroalimentare nostrano che, intanto, si trova nel pieno delle polemiche sulle etichette per le carni avicole, sulla Finanziaria come al solito ritenuta troppo avara per i campi e in prossimità della ripresa dei negoziati per il commercio internazionale, intrapresi con una Unione europea alle prese con i soliti problemi di bilancio.
L'olio, dunque. Secondo l'Unaprol - la più rappresentativa organizzazione dei produttori olivicoli italiani - nella prossima campagna ci sarà meno prodotto rispetto alla campagna precedente. Si arriverà probabilmente a circa 689mila tonnellate. Si tratta di un calo "fisiologico", dovuto alla cosiddetta alternanza produttiva degli ulivi. Un
fenomeno in parte strutturale connesso alla varietà ed all'età delle piante. In minor misura hanno influito la presenza di attacchi parassitari e di eventi climatici sfavorevoli. In testa alla classifica dei produttori, come al solito, la Puglia e Calabria. Dal punto di vista della qualità, poi, tutto dipenderà dalle singole aree, dalla sanità delle piante, dalle modalità di spremitura. C'è, in ogni caso, da ben sperare.
Diversa, invece, è la situazione dal punto di vista politico ed economico per il resto del comparto. A parte la vicenda - che ha del paradossale - legata alle etichette per le carni avicole che vede nettamente contrapposto il nostro Paese all'Ue, il panorama non sembra molto consolante. Per capire basta guardare alle preoccupazioni espresse dalle due organizzazioni agricole europee
- Copa e Cieca, rispettivamente l'associazione degli agricoltori e delle cooperative agricole - nei confronti della Commissione circa trattativa Wto, bilancio della politica agricola e riforma della politica di mercato per lo zucchero. A rischio, secondo gli agricoltori, ci sono i fondi per la Pac, che potrebbero essere ulteriormente tagliati, e lo stesso futuro del comparto visto che a dicembre, alla ripresa dei negoziati sul commercio internazionale,
l'Europa potrebbe dover rinunciare ad altri tasselli della propria politica agricola. Tutto senza contare la situazione dello zucchero che, in Italia, potrebbe quasi scomparire schiacciato dai tagli di quote e di prezzi che la Commissione vorrebbe mettere in atto.
Intanto, in Italia, le ultime rilevazioni hanno nuovamente messo in luce la posizione delicata del comparto, stretto fra prezzi di vendita in diminuzione e costi che, seppur in maniera inferiore di qualche tempo fa, non sono certo in discesa.
Cosa chiedono gli agricoltori per capovolgere la situazione? Sostanzialmente più attenzione e più equilibrio negli interventi. Ma basterà?
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