«Il rilascio di ChatGPT sarà ricordato come il Big Bang dell’intelligenza artificiale», afferma l’esperto Giorgio Taverniti. Che aggiunge: «La conferenza di OpenAI del 6 novembre scorso va vista come l’evoluzione della specie». L’immagine è efficace. Perché le ultime novità annunciate dai creatori di ChatGPT - tra l’altro mentre il mondo sta facendo grandi riflessioni su quali regole mettere all’intelligenza artificiale - spiegano bene il quadro che abbiamo davanti. Da una parte i colossi come Google, Apple, Meta, Musk e Amazon (più quelli cinesi) che hanno proprie intelligenze artificiali e che fanno di tutto per proteggerle e tenerle nei loro ricchi e potenti castelli fortificati, dall’altra OpenAI (quella di ChatGpt e Dall-E) che ha deciso di prendere un’altra strada: aprirsi il più possibile a tutti (così da crescere in fretta, diventando uno dei soggetti più importanti). Perché, anche se a parole
dicono tutti che al settore servono regole, gli obiettivi reali di alcuni sono di usarle per limitare i concorrenti. Proprio come quando Musk ha chiesto una moratoria sull’AI e poi abbiamo scoperto che gli serviva per avere il tempo di finire di creare la sua. E non è un caso che persino la Cina, che da tempo sperimenta l’intelligenza artificiale anche in maniera molto invasiva, nei consessi internazionali si dica preoccupata per le derive dell’intelligenza artificiale. La verità è che in gioco c’è un mercato che vale già oltre 400 miliardi di dollari. Che è destinato a crescere in maniera vertiginosa e che darà grandi spazi di potere e di controllo a chi lo cavalcherà. Torniamo ad OpenAI e ChatGPT. Accanto alla presentazione del nuovo GPT4 Turbo, che tra le tante cose contiene informazioni aggiornate all’aprile 2023 e accetta documenti lunghi anche 300 pagine, il vero salto in avanti di OpenAI è stata la presentazione di un sistema che permetterà a chiunque di creare la propria intelligenza artificiale su misura. Significa che qualunque azienda, associazione, organizzazione, centro studi, università, mass media o privato potrà creare un proprio ChatGPT basato solo sui propri dati. Provate, per esempio, a pensare cosa potrebbe fare un chatbot AI al quale fare domande su tutti i documenti vaticani, gli scritti e le parole dei papi e il magistero della Chiesa. Sarebbe un salto in avanti nella condivisone del sapere, per di più basato su fonti certe. Potete applicare questo esempio a qualunque fonte di sapere vi venga in mente e vedrete la soddisfazione crescere sul vostro volto. Tanto più che chiunque, una volta creata la propria ChatGPT, potrà metterla in vendita nel mercato di OpenAI perché possa essere collegata e usata da altri sistemi e altre applicazioni. Tutto bene, quindi? Quasi. Perché come magari avete già intuito, anche le frange più estreme della società potranno creare la propria intelligenza artificiale “su misura”. Avremo quindi anche delle ChatGPT naziste, antisemite, razziste e/o appannaggio di terroristi? Il rischio c’è. Eccome. Se vi sembra esagerato, ricordatevi che cosa ci aspettavamo all’inizio da Internet e dai social (la connessione delle migliori menti del mondo e la condivisione del sapere) e di come siamo finiti a combattere fake news, estremismi, risse ed eccessi di ogni tipo. E di come una serie di personaggi inqualificabili abbia da tempo un pubblico ben più vasto delle menti migliori. L’idea di mettere ChatGPT e altri strumenti di OpenAI al servizio di tutti non è solo un’abile mossa di marketing per diventare il sistema AI su cui ruoterà una fetta di mondo, ma anche la dimostrazione che può esserci una via condivisa dell’intelligenza artificiale. Pur con tutti i suoi possibili limiti. © riproduzione riservata
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