Caro Avvenire, auguri di cuore a papa Francesco, che ha appena compiuto 88 anni. Quasi 12 al timone della nave della Chiesa col magistero della misericordia. Nel buio firmamento del nostro tempo, è stella di pace e di speranza. Oggi l’umanità è afflitta da conflitti e indifferenza. Eppure, perché i suoi accorati e reiterati appelli alla pace, a disarmare mani e cuori, a custodire la vita e il Creato, a condonare i debiti dei Paesi poveri, a riaccendere la fraternità e la speranza rimangono inascoltati?
Vito Melia
Caro Melia, ho conservato la sua lettera per unire gli auguri di buon compleanno a quelli di buon Natale. Papa Francesco ha 88 anni, ma non li dimostra nella fede e nell’energia positiva che continua a regalare al mondo, ispirato dallo Spirito Santo. In realtà, ho esitato sul suo messaggio per via della sconfortata domanda finale che contiene. Mi sono interrogato a lungo sul modo in cui interpretarla.
A un primo sguardo, è vero che le invocazioni del Pontefice a un cessate il fuoco immediato nei conflitti che insanguinano il mondo non sono state ancora ascoltate. Potrebbero, però, esserlo in futuro (il presidente Usa Joe Biden ha commutato proprio ieri la pena di morte a 37 condannati, come chiesto da Francesco). Non è questa, tuttavia, la considerazione giusta, a mio parere. Il magistero del Papa è ampio e si dispiega in moltissimi ambiti, non solo in senso geografico. Quanti esempi e quante esortazioni raggiungono ogni giorno milioni di persone. E quanto bene compiuto possiamo osservare, se appena spostiamo l’attenzione dalle cattive notizie che, inevitabilmente, si impongono nella cronaca quotidiana.
Ecco che allora si può intravedere quanto invece le parole e i gesti di Francesco incidono nei cuori e rendono tanti maggiormente disposti a operare per gli altri. È un po’ come un medico – d’altronde appartiene a lui l’analogia della Chiesa come ospedale da campo – che curi indefesso tanti pazienti e ne salvi la maggior parte, eppure non riesca a dare sollievo a coloro, magari qualche personaggio famoso, che rifiutano le sue precise prescrizioni. Diremmo forse che quel medico non è premuroso ed efficace? Certo che no.
Può essere un messaggio pure per il nostro Natale: considerare che tanti nostri sforzi hanno risultati che non ci impegniamo abbastanza a vedere, mentre lasciamo che i fallimenti offuschino la speranza. Tutto quello che funziona, tutta la benevolenza che accompagna e rende possibile la nostra esistenza in quanto società, è frutto del lavoro e della dedizione di moltissime persone, non qualcosa di dato magicamente.
Come milanese, mi hanno toccato in questo Avvento gli appelli dell’arcivescovo Mario Delpini a favore di una politica abitativa per i meno abbienti e di un’accresciuta generosità da parte dei ricchi. Di colpo le cose cambieranno? Non lo immagino, eppure sono interventi necessari, che lavorano nelle coscienze e daranno poi frutto. Se facciamo una buona azione o proponiamo un pensiero positivo, gettiamo un seme che non andrà perduto, anche quando ci sembra che il male non arretri o che, addirittura, avanzi. Facciamoci guidare da questa consapevolezza. Buon Natale a tutti.
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