Siamo sempre ai primi posti al mondo in fatto di produzione di olio di oliva extravergine. È un dato importante, non solo dal punto di vista gastronomico, ma, soprattutto, da quello economico. Anche se, come è ovvio, i problemi che possono mettere in crisi il comparto ci sono tutti.
L'Italia, dunque, dovrebbe arrivare a produrre - secondo i dati che verranno diffusi proprio oggi dall'Unaprol, l'associazione degli olivicoltori più rappresentativa del Paese - 800mila tonnellate di olio di oliva facendo registrare in incremento del 13% rispetto allo scorso anno. E in crescita sarebbero anche i
consumi con 13,3 kg. pro-capite di olio di oliva (a metà strada tra i 18 kg. della Grecia e gli 11 della
Spagna). Nel mondo, invece, si arriva a circa due milioni e 700mila tonnellate contro due milioni e 800mila di richiesta. Il quadro, infine, è completato dalla dinamica dei nostri principali concorrenti. È così che la Spagna sembrerebbe veder diminuire del 30% la propria produzione, la Grecia, invece, dovrebbe salire nella graduatoria. Aumentano anche le produzioni di Turchia e Tunisia, mentre la Siria fa registrare una performance produttiva di tutto rilievo raggiungendo complessivamente 177 mila tonnellate di prodotto.
Ciò che è più importante, tuttavia, sono pure i grandi movimenti dei mercati esteri. Un gioco in cui, tutto sommato, l'Italia sta comportandosi bene e dove, soprattutto, sembra avere ancora spazi di crescita. Nel 2004 il nostro Paese l'Italia ha esportato circa 200 mila tonnellate di prodotto: meno all'interno dell'Ue, di più fuori dove il prezzo al litro arriva mediamente a 3,25 euro. Un andamento che fa dire ai tecnici dell'Unaprol come "la domanda di olio di oliva targato Made in Italy indichi sensibili margini di crescita in usa, Canada e Germania".
Soprattutto però, l'Italia resta il paese che conta il maggior numero di frantoi attivi (6.500), una caratteristica importante per la qualità del prodotto. Anche perché, nel frattempo, il mercato al consumo si sta ulteriormente diversificando e frammentando. Con una vera e propria "esplosione" delle etichette sugli scaffali. Proprio da questo aspetto del comparto, è possibile trarre qualche ulteriore elemento di riflessione. L'84,6% dell'olio extra vergine offerto è semplicemente definito "di base", mentre solamente il 7,5% appartiene alla categoria "100% italiano" e il 3,6% a quella delle DOP e IGP. Non c'è, quindi, un equilibrio vero nell'offerta così come d'altra parte non esiste nemmeno sul fronte dei prezzi. Sempre l'Unaprol, infatti, indica prezzi medi al consumo che vanno dai 3,87 euro al litro per l'olio "di base" agli 8,49 per i DOP e IGP.
Insomma, se l'olivicoltura dello Stivale sembra essere in discreta salute, nulla deve essere trascurato nel percorso di conquista del mercato da parte degli olii di buona e alta qualità. E ne vale la pena, visto che il solo mercato dell'extravergine confezionato vale 700milioni di euro per oltre 170 milioni di litri di prodotto.
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