In coro, alla lectio divina, stavo leggendo il libro di Giona. Non era certamente un profeta esemplare, vista la sua fuga da Dio che scomodò addirittura l'antico leviatano per essere fermata, e tuttavia i Niniviti si convertirono alla sua predicazione perché, benché egli non fosse uno stinco di santo, tuttavia predicava la Parola di Dio.
Un midrash su Giona nel ventre dalla balena è davvero singolare: «Fin dai sei giorni della creazione quel pesce era stato destinato a inghiottire Giona; poiché è detto “Ma il Signore dispose che un grosso pesce inghiottisse Giona” (Gn 2,1). Ed egli entrò nelle sue fauci come un uomo entra nella grande sinagoga e restò in piedi [là dentro]. E i due occhi del pesce erano come vetrate che davano luce a Giona».
Il grosso pesce, che nel testo rimanda al mostro primordiale (il Leviatano appunto), è diventato nell'immaginario popolare una balena, grazie soprattutto alla celebre opera di Melville Moby Dick, la balena bianca. È interessante notare che la parola Ninive, in assiro, si traccia con un segno cuneiforme indicante una casa e un pesce. Se il pesce rimanda agli abissi e quindi al caos primordiale, la casa esprime l'intervento divino che ordina e offre all'uomo un habitat. Tale dovrebbe esser la forza della predicazione cristiana: riportare all'ordine il caos che minaccia l'uomo di ogni tempo.
Sulla scorta del midrash ebraico nella Slesia e nella Boemia le case di Dio sono adorne di pulpiti a forma di Leviatano. Quello di Dobroszow non è il più lavorato, ma è senza dubbio il più efficace. Assimila il pesce al serpente e il predicatore, per raggiungere il pulpito e parlare ai fedeli dalle fauci spalancate del mostro, deve salire da una scala nascosta dentro il ventre del pesce stesso. Il simbolo si fa realtà: ogni uomo che predica la Parola, che scrive e commenta la Parola divina, specie l'uomo di Dio, è come Giona inadeguato rispetto a quella Parola, in fuga rispetto alle esigenze di Dio, forse anche incapace di misericordia eppure è misteriosamente efficace proprio perché, nonostante se stesso, predica una Parola non sua.
La riflessione cristiana sulla balena, mediata anche da Melville e dal suo romanzo, diventa emblema di tutte le società bipolari. Gli occhi della balena sono uno a destra e uno a sinistra, manca così a essa la visione unitaria del centro. La balena ha, davanti a sé, il vuoto e il buio. Una siffatta miopia colpisce anche la società cristiana odierna: il dibattito, ormai su vari fronti e su vari temi, si esaurisce in una diatriba infinita, dove alcuni vedono solo a destra, altri solo a sinistra. Abbiamo perso quel centro simbolico capace di mettere insieme (syn-ballo= gettare insieme) gli estremi e unificarli in una prospettiva geniale e inusitata, perciò stesso divina. Il pulpito, che obbligava a salire in alto, rendeva evidente la dimensione “altra” della Parola ivi proclamata, indisponibile alle opinioni umane. Nelle nostre asettiche chiese contemporanee l'ambone esprime scarne e stilizzate simbologie bibliche e il rimando alle sopra elencate verità è pressoché inesistente.
Dovremmo tornare a quei pulpiti della Slesia che nella loro originale iconografia erano un potente rimando alla Scrittura e alla Verità proclamata, inesauribile e “altra” rispetto al pensiero dello stesso predicatore e alla sua personale adesione al Mistero di Cristo.