A volte penso a tutta la fiducia e al rischio che sono richiesti dalle parole di Gesù quando raccomandano di non portare nulla con sé per il cammino (Lc 9,1-6). È talmente facile fare il contrario: ingombrare la strada di cose superflue e di parole che si sovrappongono. È talmente frequente rimanere ostaggio della soddisfazione di bisogni che sono, in fondo, del tutto inessenziali, e credere che stia lì il nostro benessere.
Quanto coraggio dobbiamo imparare per lanciarci nell’avventura dei giorni senza bastone né bisaccia, disposti non a prolungare le difese che ci trincerano in una posizione o in un linguaggio, ma a sperimentare l’apertura di cuore alle sorprese che Dio fa fiorire. Quanta audacia dobbiamo custodire in noi per non dipendere dal denaro nella costruzione della nostra autonomia nei confronti della realtà, per investire in relazioni feconde e autenticamente libere, o per realizzare i grandi viaggi della nostra anima. Quanto ardire ci serve per sventare quella trappola che è rappresentata dal riporre la sicurezza in beni che si accumulano, invece che nella sapienza delle scelte essenziali. Gesù ci sfida a diventare portatori di pace senza pretese, umili mediatori di un bene che ci supera, distributori di una luce che appartiene gratis a tutti. Ma per pervenirvi dobbiamo scoprire come allargare gli spazi, invece di possedere.
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