La terra è smossa da poco, i fiori sono ancora freschi. Attorno c'è una foresta, in alto un cielo scuro. 296 fosse a Irpin, appena scavate. Nello scatto di un drone quell'ordinata geometria mi fa pensare a una città, una piccola città dei morti. Quanti. E quanti i bambini? E i ragazzi?
Se si potesse portare un fiore a questi sconosciuti, credo che camminando silenziosamente fra le croci, guardando i volti sulle foto, qualcosa ti racconterebbero, i caduti di Irpin. Me li immagino all'ultimo Natale, sereni a tavola con i loro cari. I soldati russi? Mah, forse non verranno, speriamo (si spera sempre, per andare avanti).
Quella laggiù è la tomba di una vecchia maestra, che ha insegnato a scrivere a generazioni di bambini: guarda quanti fiori. Quello accanto invece è un ragazzo del 1995 - che fitta al cuore, come un mio figlio. Negli stessi giorni avete mosso i primi passi: e ora mio figlio vive, e tu qui sotto.
Poi non riesco a evitare una piccola fossa. Perché sei morto? Vorrei domandarti. Ti immagino, bambino del 2016, al suonare dell'allarme: sei corso in giardino a cercare il tuo cane amatissimo, mentre da casa invano ti richiamavano indietro. "Malo, Malo", gridavi tu, disperato. Non lo avresti mai abbandonato. Poi, quello schianto. È evidente, ora siete insieme in Paradiso. Anche il cane? Certo. Pensate che Dio tolga a un bambino il suo cane?
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