Nella classifica dei grandi perfino Iosif Brodskij cerca ancora il suo posto
venerdì 15 aprile 2016
Non so se Iosif Brodskij (1940-1996) sia stato un grande poeta come si è detto e sembrerebbe acquisito. Certo è che a leggerlo non in russo ma in traduzione può lasciare perplessi. C'è l'arte, ma c'è anche molto artificio. C'è una grande e calcolata ambizione e c'è una fede nella poesia che sa di costruito, anche se contiene una vera e motivata disperazione. Perseguitato in Unione sovietica, imprigionato e spedito a lavorare in uno sperduto villaggio (dove dice tuttavia di aver passato anni felici in mezzo ai contadini) e infine costretto all'esilio, Brodskij è stato un caso politico e anche per questo, oltre che per i suoi meriti letterari, gli è stato presto assegnato, nel 1987, il premio Nobel.Sulla vera o presunta “grandezza” dei poeti contemporanei è lecito essere cauti. Anche se li amiamo e ne abbiamo avuto bisogno per capire il mondo in cui viviamo e le nostre stesse emozioni, il loro valore assoluto si capirà in futuro. La loro importanza storica è invece più facile da calcolare. Questo vale anche per Luzi o Pasolini o Penna, come per Celan, Ginsberg, Enzensberger, Bonnefoy, Larkin, Szymborska. Il fatto è che Harold Bloom, con la sua passione poi mania per i canoni degli scrittori “più grandi”, ha contagiato tutti. Anche Brosdkij nelle sue interviste procede per misurazioni e dice che Marina Cvetaeva è il più grande poeta del Novecento mondiale, mentre “meno grande” è il pur amatissimo Auden. Il libro in cui si sente parlare il poeta russo di questo e di altro è Dialoghi con Iosif Brodskij di Solomon Volkov (LietoColle), libro ritenuto così importante da far dire a una slavista come Serena Vitale che il genere letterario dell'intervista ha permesso a Brodskij di esprimersi quasi altrettanto bene che nella poesia e nella saggistica. Oltre ai capitoli autobiografici, sono fondamentali quelli in cui si parla appunto di Cvetaeva e di Auden. A quest'ultimo, Brodskij attribuisce la qualità di essere, se non il più grande, il più intelligente poeta del Novecento: un eccezionale aforista, un pensatore sorprendente e un conversatore così originale e saggio da spingere gli altri o a tacere o a chiedergli consigli. Ma ho l'impressione che i maggiori difetti di Brodskij siano dovuti proprio al suo desiderio di essere influenzato da Auden, al quale però non somigliava affatto. Mentre per Auden le difficoltà tecniche e concettuali sono sempre un divertimento, Brodskij si impegna, lavora, ambisce e manca quasi totalmente di umorismo.
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