Se sono riusciti a far sparire l’ultima figura romantica in campo, il raccattapalle (un giovane essere umano aspirante calciatore sostituito da un cono di plastica) perché non cancellano una volta per tutte il caotico e destabilizzante calciomercato che prosegue anche a campionato in corso? È il pensiero e la richiesta esplicita della maggior parte degli allenatori di Serie A, a cominciare dal redivivo Antonio Conte. Dopo la settimana “sanguinolenta” da fifa e Arena vissuta dal suo Napoli a Verona (3-0 al debutto), FantAntonio aggiusta la squadra ancora orfana di un bomber (ma De Laurentiis lo ha accontentato, arriverà il pupillo Lukaku al posto del partente Osimhen) e strappa i primi applausi al Maradona con un 3-0 in cui oltre alle giocate maradoniane del georgiano Kvaratskhelia va in gol anche il pacificato capitan Di Lorenzo. Conte si commuove per questo primo successo in cui vede finalmente messi in pratica i suoi dettami da parte dei nuovi scudieri Raspadori, il Cholito Simeone e il talentuoso brasiliano Neres che può diventare la piacevole rivelazione del torneo.
È presto per stilare giudizi, ma dopo i primi 180 minuti una rivelazione di questo avvio di campionato è anche il Torino, vittima anch’esso del mercato perenne, soprattutto in uscita per esplicita volontà del suo pragmatico patron, il mago delle plusvalenze Urbano Cairo. Con i due pezzi più pregiati dello scacchiere granata, Buongiorno (passato al Napoli) e Bellanova (ceduto all’Atalanta in settimana) il vigile Urbano ha incassato la bellezza di 60 milioni di euro, ma ha scatenato i moti degli ultrà granata che in 10mila sono scesi in piazza per urlare “Cairo vattene!”. Scene già viste e sommossa spenta dalla vittoria della squadra di Vanoli che dopo l’ottimo 2-2 di San Siro con il Milan ha matato proprio l’Atalanta dell’ex Bellanova (2-1), ma i malesseri da mercato aperto non si sono sopiti e la festa dei tifosi del Toro ha avuto un retrogusto amaro.
Festa rovinata all’Olimpico per Paulo Dybala che ha resistito alle sirene saudite che gli garantivano un contratto faraonico di 45 milioni a stagione e dando retta “alla mamma e alla moglie”, parola di Paulo, ha preferito rimanere alla Roma per 10 milioni netti l’anno. Il cuore starà anche dalla stessa parte della tasca del portafogli, ma in questo caso ha prevalso. Non può dire lo stesso l’11 di Daniele De Rossi che dopo il pari di Cagliari incassa la prima preoccupante sconfitta stagionale contro il giovane e spumeggiante Empoli degli Esposito e i Colombo, una vera gioia per il presidente Corsi. De Rossi, in attesa di rinforzi, paga gli squilibri di una settimana in cui il “caso Dybala”, dato ormai per partente, ha creato qualche problema, anche tattico, perché i Soulè e i Baldanzi erano già pronti a sacrificarsi per la nuova Roma dei giovanotti d’assalto, mentre dovranno ancora fare i conti con la “Joja” argentina che, in uno stadio colmo solo per lui, ha regalato 90 minuti di tristezza. È triste anche l’altra faccia della Roma laziale che cede davanti all’Udinese (occhio alle alchimie del nuovo mister dei friulani Kosta Runiajc) mostrando un centrocampo dai piedi di argilla frutto di un mercato in cui il presidente Lotito ha rinunciato al potere della fantasia di Luis Alberto (volato a svernare a suon di petrodollari in Qatar all’Al-Duhail) e riempito la rosa di Baroni con atleti muscolari che al momento non fanno sperare in una stagione esaltante.
Stesso discorso vale per il Milan di Fonseca che privo dell’eurobomber Morata incappa in un’altra giornata no a Parma dove i neopromossi crociati di Pecchia esaltano anche il suo maestro Rafa Benitez presente in tribuna ad ammirare una sola squadra, quella emiliana. C’è tanto da fare a Milanello, specie in difesa, per arrivare a competere con i cugini interisti che in scioltezza superano il Lecce e la classifica regolarizza le aspettative degli uomini di Simone Inzaghi, ancora in rampa di lancio per conquistare uno scudetto bis e farsi rispettare anche in Champions. In attesa di vedere la seconda prova della Juventus di Thiago Motta (a Verona), aspettiamo tutti con estrema solidarietà e con senso di liberazione la mezzanotte del 30 agosto in cui finalmente si chiuderà la sessione del mercato estivo, anche se per gli affari con i munifici club dell’Arabia Saudita, gli unici che al momento offrono 80 milioni al Napoli per Osimhen, la finestra resterà aperta fino ad ottobre. Una follia, una delle tante di questo calcio così detto moderno, senza scrupoli e anche privo, per sempre, dei raccattapalle.