Spesso si profitta dell'estate per rileggere un classico, un grande romanzo di ieri o l'altro ieri. Ma se si ha poco tempo, sarebbe bene mettere nello zaino l'opera di qualche poeta, per esempio nelle preziose raccolte di Garzanti o di altri editori. Ma, c'è da aggiungere, poeti non faticosi, che vadano bene anche per l'estate perché hanno saputo andare al cuore delle cose con immediatezza e semplicità. Quest'estate non la dedicherò a un romanzo ma a più poeti, i più chiari, anche quando non c'è in giro molta chiarezza e forse proprio per questo. Vorrei riprendere in particolare le traduzioni di un grande, Pietro Marchesani, i suoi poeti polacchi ma anche quelli tradotti da altri, Milosz e Rozewicz, Herbert e Zagajewski e ovviamente la Szymborska, degno Nobel inaspettato del 1996, poeta tra i più leggibili anche dai non lettori abituali di poesia in ragione della sua adesione al sentimento della realtà da tutti sperimentabile e sperimentato in qualche momento dell'esistenza, anche dai più ottusi e deviati dei lettori e dei non-lettori. I giovani di oggi leggono Szymborska? Molti di loro sì – lo posso testimoniare. Con lo stesso entusiasmo con cui i giovani della mia generazione leggevano Prévert, ma con la differenza che passa tra due Paesi e due generazioni radicalmente diverse. Semmai, dovrebbero e potrebbero accostare alle poesie di Szymborska quelle di poeti altrettanto "facili" ma assai più profondi di un Prévert, maestri come lei in «una disciplina indispensabile e spesso ignorata: l'arte di essere vivi» (così Calasso). Penso a Auden (altro best-seller adelphiano), ma penso anche ai nostri Giudici e Caproni (certo i più sapientemente "diretti" dei nostri poeti con Saba, Penna, Morante e Pasolini). E non solo a loro. La Szymborska ha avuto un grande ascolto in Italia quando era ancora viva (è morta nel 2012), amata dalle "masse" perfino in epoca di masse addormentate e assai rozze. Grazie a Marchesani, a Vanni Scheiwiller, alla Adelphi e… a Roberto Saviano. Non so se lo ha ancora, ma merita assolutamente di averlo, come dimostra una piccola raccolta di saggi sulla sua opera uscita di recente (Szymborska, la gioia di leggere, Pisa University Press, con testi di Tomassucci, Bremer, Marchesani, Berardinelli, Donati, Novati, Febbraio e altri ancora), che mi ha spinto a mettere i suoi libri nel mio zaino, grazie alla sua convinzione che, nonostante tutto, e per merito di qualche giusto (e qualche artista) «il Mondo non merita/ la fine del mondo». Ma per quanto ancora?
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