Per uno spiacevole errore, nell'edizione cartacea di mercoledì abbiamo inserito un articolo già pubblicato di Mauro Berruto. Qui la puntata giusta della sua rubrica.
L'Irlanda è il Paese delle fiabe, delle leggende, di elfi e di folletti che spesso si divertono a dare tormento, a organizzare perfidi scherzi, a spaventare a morte o a lanciare incantesimi sugli esseri umani. Gli irlandesi si vantano, non a torto, di essere i veri conoscitori di questo popolo fatato che vive in un mondo che appartiene a una dimensione incantata, magica. Come magico è uno sport che si gioca solo in Irlanda, che muove passioni incredibili ed è pieno di storie e leggende: il calcio gaelico, una bellissima sintesi fra football e rugby. Il campo è simile a quello del calcio, con tanto di porte che però hanno i pali prolungati oltre la traversa, proprio come nel rugby. Si gioca usando mani e piedi, indifferentemente: se si segna nella porta di sotto si ottengono tre punti, se la palla, invece, passa fra i pali alti si porta a casa un punto che, qualche volta, può segnare la storia.
Fra le tante leggende irlandesi, una nasce nella contea di Mayo, lassù a nord-ovest della capitale Dublino. Si dice che, dall'alto di un monte di questa piccola contea, san Patrizio scacciò i serpenti dall'isola, intimando loro di ritornare nel mare. Ci si può credere o meno, ma in Irlanda i serpenti pare non ci siano davvero e, ci si può credere o meno, ma leggende e maledizioni incombono, talvolta, anche sullo sport. Questa storia nasce 66 anni fa, nel 1951, quando quindici atleti rossoverdi, i colori della contea di Mayo, portarono a casa il trofeo sportivo più prestigioso che un irlandese possa sognare. È una coppa che porta il nome di una persona, la chiamano tutti "Sam Maguire", in onore di un influente membro della Gaelic Athletic Association. Il 1951 fu l'ultimo anno in cui Mayo vinse il titolo e si narra che, in occasione dei festeggiamenti per quella vittoria, il bus della squadra attraversò rumorosamente tutti i paesi della contea. Quando passò da Foxford, un paesino di 1.300 anime, secondo la leggenda il pullman con il suo rumoroso seguito di auto in festa, avrebbe disturbato il corteo di un funerale. Il prete che stava celebrando lanciò la sua maledizione rivolta ai quindici campioni: "Finché sarà vivo anche solo uno di voi, non vincerete più!". Tredici di quegli atleti in questi 66 anni se ne sono andati, uno dopo l'altro. I superstiti di quella squadra sono, dunque, soltanto due: uno si chiama Paddy Prendergast, l'altro Padraig Carney. Dal 1951 Mayo ha giocato altre nove finali, perdendole tutte. Alcune in maniera incredibile, rocambolesca. Maledettamente rocambolesca, come quella di domenica scorsa.
Mayo gioca l'ennesima finale contro i campioni in carica di Dublino. Siamo alla fine dell'ultimo dei sei minuti di tempo supplementare, decisi dall'arbitro e le squadre stanno pareggiando: 19-19. Mayo gioca quella che sembra essere l'ultima azione della partita, ma perde palla. Contrattacco di Dublino. Fallo. C'è una punizione, più o meno a 40 metri dai pali. Sulla palla un certo Dean Rock, il numero 15 di Dublino. I giocatori di calcio gaelico sono tutti dilettanti e il senso di appartenenza con la propria contea è fortissimo. Non esiste un "calcio-gaelico-mercato". Se nasci in una contea, giochi nella squadra del tuo paese per tutta la carriera. Dean Rock è fermo davanti alla palla e davanti a un mare di maglie rossoverdi sugli spalti. La contea di Mayo si è svuotata, migliaia di persone sono lì a Dublino, nel catino dello stadio Croke Park, il luogo dove si sono giocate tutte le ultime 105 finali che neppure due guerre mondiali sono state capaci di fermare. Ci sono 83.000 persone che urlano, chi di speranza, chi di terrore. Dean si prende tutti i secondi che mancano alla fine dei sei minuti di extra-time. Tutti tranne uno, quello in cui inizia la sua rincorsa.
Calcia. Segna, in alto fra i pali. 19-20 per Dublino. Intorno a lui 83.000 persone urlano impazzite, chi di gioia, chi di dolore.
Croke Park, Dublino: teatro di sogni e di maledizioni. Sono passati 66 anni e anche la nona finale di Mayo è finita. Finita male. Chissà com'è stato il lunedì di Paddy e Padraig, i due sopravvissuti, per metà leggende e per metà maledizioni ambulanti. Pensando a loro viene in mente un pensiero di Sigmund Freud: «Gli Irlandesi sono l'unico popolo impenetrabile alla psicoanalisi».
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