Allevatori e grande distribuzione insieme per far crescere ? a suon di prodotti ? il buon nome dell'agroalimentare italiano. Non è la facile frase messa lì per fare pubblicità ad un marchio in più, ma semplicemente una cosa che si può realizzare e che, se correttamente interpretata, può per davvero aiutare l'agricoltura e la zootecnia italiane a farsi strada in un mercato già difficile per sua
natura, ma reso ancora più ostico da una congiuntura non certo semplice. E gli esempi ci sono come quello dell'intesa fra l'Associazione Italiana Allevatori (Aia) e la catena Metro (uno dei colossi delle grande distribuzione), per l'uso del marchio «Italialleva», creato dall'Associazione stessa per identificare quei prodotti di cui è possibile avere la tracciabilità del loro percorso dalla stalla al punto vendita.
L'accordo ? presentato proprio ieri a Mantova nella sede delle Latterie Virgilio ? è tutto sommato semplice e consiste nel fatto che alcuni prodotti di origine animale venduti nei 48 punti vendita di Metro in Italia, siano identificati con il marchio ideato dall'Aia se rispetteranno alcuni canoni di qualità e sicurezza alimentare. Il significato dell'iniziativa è chiaro: a un marchio creato dai produttori vengono aperte le porte della grande distribuzione organizzata sulla base delle garanzie che gli stessi allevatori forniscono. Non basta, perché i promotori di questa iniziativa sottolineano come sarà loro compito anche «identificare prodotti non a marchio aventi le caratteristiche necessarie a fregiarsi del logo Italialleva».
Si tratta, a ben vedere, di ciò che in linguaggio economico si può chiamare «sinergia di filiera» ma che è semplicemente una sana «collaborazione» per far acquisire quote di mercato anche agli allevatori. Nell'accordo, fra l'altro, è stabilito che la rete dei magazzini Metro in Europa «fungerà da supporto logistico per la distribuzione del prodotto».
Ma nell'intesa c'è anche dell'altro. Prima di tutto il fatto che a stipularlo sia stato un attore della distribuzione moderna che vanta in Italia un milione e 200mila clienti e ben 11mila referenze alimentari. Poi che i primi passi concreti dell'iniziativa siano partiti da un gruppo di produttori ? il Consorzio Latterie Virgilio di Mantova ? che ha dalla sua una storia agricola e locale lunga oltre trent'anni e che oggi raccoglie 2000 allevatori, 107 imprese, 56 milioni di chili di latte e che è riuscito ad estendere la propria attività fino ad arrivare ad un fatturato di 672 milioni di euro.
Certo, occorrerà adesso vedere quanto tutto ciò riuscirà a sfondare sugli scaffali dei magazzini rivolti fra l'altro ad una clientela difficile come quella professionale, ma se si vuole trovare una morale nell'iniziativa, questa è abbastanza semplice: quando produzione agricola e distribuzione lavorano insieme
non si evitano certo gli errori e gli ostacoli, ma almeno è possibile tentare strade diverse per svincolarsi dallo schema che vede l'agroalimentare soffocato fra trasformazione industriale e commercio moderno.
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