Manipolare è spesso un grande male. Solo se a farlo sono le mani, è cosa buona e giusta. Ha a che vedere con «l'immagine e somiglianza»: perché il Signore, secondo autorevoli alcuni, ha manipolato polvere per farci «poco meno di un dio».Anche imporre è un agire sospetto, ma se si impongono le mani, è più che benedizione. Prendere per mano va bene sia nel gesto che per metafora. Dice che non siamo soli e non c'è niente di più divino. Pure la Trinità si fa compagnia.Poi le mani tengono archetti e dirigono orchestre, battono bonghi fra ginocchia strette e ancora le dita pizzicano corde, sfiorano tasti, leggere o decise, a Vienna nella Sala d'Oro a salutare l'anno nuovo che ancora abbiamo, o sotto un albero del pane, a percuotere tamtam in qualche dove nel sud Pacifico. Guai alle mani che si levano per calare invece che per accarezzare, c'è un disegno in loro, date per mangiare, accudire, custodire, amare, giocare, salvare, tenere chi sta per arrivare oppure sta per partire. I piedi vanno, la bocca sorride, il corpo ama, tutto in noi ha un suo esser vero da realizzare e un suo stupore da scoprire.Perché poi le mani si battono anche, per allegria, perché si è bambini, per far volare i gabbiani e seguirli nel cielo. Alto loro andare insieme.
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