Al mercato sono arrivati i vestiti da mare. Hanno colori di acquarello, e appesi ai tendoni, leggeri, si gonfiano del vento di primavera. Sembrano vele di un'estate che si appresta a salpare.
Quei fiori di zucchine sono oro puro. Il rosso sangue delle prime amarene - pazzesco, risento ancora come me ne riempivo la bocca, da bambina. E battaglioni di fragole, pesche, limoni di Sicilia. L'abbondanza, la grazia di Dio, come trasparenti.
Quanto privilegiati siamo. E, mi domando, perché a noi tanto? E non è grazia anche la pace, che nemmeno vediamo, tanto ci siamo abituati?
Come ogni mattina alle sette ho aperto il web. Il vescovo di Kiev testimonia di una fossa comune con quasi cinquecento morti con le mani legate. Cinquecento. Riuscite a immaginare le facce di quelle donne, quei ragazzi? E le facce delle madri che, a casa, aspettavano? Quale mole di dolore si è abbattuta come un maglio, non così lontano da qui.
Eppure da noi tutto è uguale, anche le rose appena sbocciate, e le donne che al mercato le rapiscono e se le portano via, svelte, strette fra le braccia, quasi un bottino.
Che splendido maggio. Ma è come quando, sotto a un cielo d'estate, scorgi all'orizzonte il nero di un temporale. E ti chiedi se resterà lontano, mentre una nuvola - piccola, solitaria, passava di qui per caso - copre il sole: e i colori dei prati, attorno, per un istante si spengono.
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