venerdì 17 giugno 2016
Mi fido poco dei libri i cui autori ci spiegano come basti poco per rendere il mondo migliore e per risolvere i problemi dell’inquinamento, della fame, della sovrappopolazione, del fanatismo politico-religioso, della pace e della guerra; ancora meno dei denunciatori di professione, degli opinionisti tuttodire.Ed è per questo che non avevo letto sinora il piccolo libro di Stefano Massini sul Lavoro (il Mulino, in una delle non rare collane editoriali che intendono spiegarci il mondo in cui viviamo). Sconfinamento dell’autore in un campo non suo: lo conoscevo come commediografo, anche se il suo testo più noto, grazie a Ronconi, è un’impressionante Lehman Trilogy il cui tema sono banche, finanza, denaro. Mi sembrava che sconfinasse in un campo non propriamente suo, e seguivo l’antico pregiudizio ben espresso da un proverbio meneghino un tempo molto usato: ofelé, fa’ el to mesté(frittellaio, fa’ il tuo lavoro).(frittellaio, fa’ il tuo lavoro).Un pregiudizio, appunto, poiché cosa facciamo ogni giorno se non, travolti da ciò che accade e non convinti da ciò che dicono i media, esprimere giudizi entrando in campi che non ci appartengono? Anche quando si tratta di questioni enormi e apparentemente molto specialistiche? In un’epoca di mutazioni travolgenti nell’assetto del pianeta e nelle conoscenze dell’uomo, ma anche di manipolazioni altrettanto travolgenti e decisive, e distruttive, e sostitutive, e condizionatici in campi come l’economia, la scienza, e anche la sociologia, la storia, la religione, la comunicazione, la cultura, ciascuno dovrebbe assumersi la responsabilità – se non è cerebralmente ottuso e beota, se non accetta l’infinità di chiacchiere degli addetti ai lavori, se non si schiera istintivamente dalla parte del potere – di rimettere in discussione tutto o quasi tutto. Di ri-cominciare a pensare e a studiare, cercando gli autori giusti, che sono pochissimi in rapporto al numero dei superficiali.Massini, che non è un economista ma che sull’economia ha ragionato, ha messo insieme osservazioni e domande e cercato risposte sul tema immenso del lavoro, e ha scritto un piccolo libro perfettamente comprensibile al non-specialista. «Il punto è molto semplice: è viva la sensazione sotto pelle di essere soggetti a un attacco, la cui forza è tanto maggiore quanto inaspettata, provenendo non da un nemico ma da un presunto alleato», la meccanizzazione del lavoro, e prima «la digitalizzazione, il dilagare dell’informatica, le stesse reti web (che) hanno mutato l’assetto del lavoro in modo lodevole, ma certo radicale e irreversibile, imponendo la tecnologia come un partner indispensabile del suo quotidiano svolgersi».Ragionare di questo è qualcosa che riguarda tutti, e soprattutto i giovani, in un mondo in cui tutto cambia e il lavoro, semplicemente, o non c’è o è altro dal passato e si avvia a essere un fatto tremendamente solitario per l’animale sociale che l’uomo continua a essere.
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