Con il primo figlio la gravidanza era stata serena, il parto naturale, il bambino sano. Ne volevamo un altro, subito. La gravidanza iniziò regolarmente. A una primissima ecografia mi fecero sentire il battito del cuore. Trattenni il fiato: lui c'era già.
Ma poche notti dopo mi svegliai d'improvviso nel letto. Mi sentivo bene, ma mi trafiggeva una dolorosa certezza: ero rimasta sola. Il bambino se ne era andato. Ne ero talmente sicura che mi misi a piangere. Svegliai mio marito: «Il bambino non c'è più». Erano le tre di notte. Lui, assonnato, si affannò a convincermi che erano solo sciocchezze. Io inconsolabile, ostinata: «Ti dico che se ne è andato».
Il giorno dopo, giusto per calmarmi, mi portò di nuovo dal medico. Scorsi fra i due uomini lo scambio nascosto di un sorriso d'intesa: le donne, si sa, sono così emotive... L'ecografista cercò, cercò ancora. Davvero il battito del bambino non c'era più. Non dissi nulla: lo sapevo già.
Gli amici mi consolarono: ne avrai un altro. Ma, io pensavo, non sarà più lui, quello perduto. Quale legame già ci univa, se nel sonno io avevo percepito il suo distacco? Penso spesso a quel figlio non nato, che però esisteva. Ha un nome. Un giorno, lo ritroverò. In un abbraccio si rimarginerà lo strappo di quella notte, di quell'invisibile abbandono.
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