Ma l'agricoltura è davvero in crisi? A giudicare dagli ultimi dati Istat sull'andamento dell'occupazione parrebbe di no. Perché i numeri parlano chiaro: nel secondo trimestre del 2006 il numero di lavoratori dei campi ha compiuto un balzo in avanti a due cifre percentuali. Altro che crisi, verrebbe da dire. è chiaro, tuttavia, che la realtà è un po' diversa da quanto le cifre generali lasciano supporre. Vediamo i dati.
Nel secondo trimestre 2006 la crescita dei lavoratori in agricoltura ha fatto segnare un + 5,7%, pari a qualcosa come 53.000 nuovi occupati. Una realtà che nel Sud assume contorni da vero e proprio boom occupazionale con un + 7,3%. In agricoltura, però, l'occupazione può avere almeno due facce, che, spesso, hanno andamenti diversificati come accade proprio in questo caso. Da una parte, infatti, le assunzioni di lavoratori dipendenti sono salite dell'11,5% su base annua, arrivando a ben 461mila.
Dall'altra parte, invece, gli occupati "indipendenti", cioè sostanzialmente i coltivatori diretti o comunque i titolari di aziende agricole che in queste lavorano, sono aumentati di un risicato 1% totalizzando in complesso 518mila lavoratori. A conti fatti, quindi, l'agricoltura dovrebbe dare lavoro a poco meno che un milione di persone. In realtà, però, la situazione è ancora diversa. Al conto mancano almeno due voci. Da una parte, non sono conteggiati i familiari degli imprenditori agricoli che, a vario titolo, spesso entrano nell'attività dell'azienda. Dall'altra, esiste ancora - purtroppo - una più o meno ampia fascia di lavoro sommerso che gradualmente viene a galla.
Anzi, stando proprio alle considerazioni delle organizzazioni agricole, dalla riemersione di questi lavoratori deriva una parte della crescita occupazionale così rilevante dell'intero settore. Si tratta di un vero e proprio «percorso di trasparenza» - come è stato definito recentemente - che le imprese agricole hanno intrapreso e che cerca contrastare il ripetersi di situazioni difficili in cui ha ampio spazio la criminalità organizzata oppure, più semplicemente, il lavoro nero. E non è finita qui. Alcuni osservatori vedono nella crescita dell'occupazione agricola un altro segno positivo. Se l'agricoltura riesce a «dare» lavoro oppure a far «emergere» quello sommerso, significa che tutto sommato le produzioni agroalimentari italiane, in particolare quelle tipiche che tanto vengono difese, qualcosa contano nei mercati che a loro volta rispondono positivamente.
Così come un'altra risposta positiva arriva dalla decisione di tornare in campagna che molti giovani adottano come scelta di vita. Certo, rimangono insoluti i problemi con cui il comparto ogni giorno deve confrontarsi. Strutture e logistica, collegamento dei mercati e dei produttori, innovazione, così come i rapporti con l'Ue. Di fronte a tutto ciò, la crescita dell'occupazione è un buon incoraggiamento.
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