giovedì 13 novembre 2014


«Paga l'Austria» si usava dire un tempo, nel Norditalia,
specie in Lombardia dove la mano dell'impero austroungarico si fece sentire
pesante per parecchio tempo. «Paga l'Austria» anche per Antonio Natale, autore
di questo affascinante Ratto d'Europa. Chiamato artista delle banconote per le
sue originali composizioni che hanno sempre, come in filigrana, varie tipologie
di denaro, Natale allude qui alla celebre narrazione mitologica. Europa,
bellissima giovinetta, era al bagno con le sue amiche, Giove la vide e
volendola per sé si tramutò in toro bianco. Attirate dall'immacolata innocenza
del toro le fanciulle presero ad accarezzarlo ma quando Giove sentì su di se la
mano di Europa, la rapì portandola al galoppo nel suo regno per prenderla in
moglie.Nell'opera di Antonio Natale Europa è una seducente modella,
femminile, ma priva della sua chioma e quindi, in certo qual modo, ermafrodita.
Avanza verso di noi e si volge indietro, il suo volto è ancora ben delineato e
caratterizzato, ma non così il volto del Giove di turno. Il toro bianco non ha
volto e, benché si trovi sullo sfondo e un po' arretrato, è il vero dominatore
della scena. Il potere non ha mai volto perché la sua prosperità si fonda
esattamente sopra camaleontiche manifestazioni. Il mito greco paradossalmente,
ritorna nell'Europa attuale con una precisione allarmante. Chi domina la bella
Europa non si espone, arretra con un apparente distacco ma, ahimè, il suo
potere ha già totalmente investito la donna che sta progressivamente perdendo la
sua identità per assumere l'unica che il potere le manifesta, quella del
denaro. Il corpo del toro, infatti, è totalmente rivestito di banconote, che
riproducono quelle austroungariche del 1908 (cioè nell’anno dell’ennesimo
rinnovo della Triplice Alleanza) e anche Europa ne è ormai totalmente
rivestita.

Anche Andrè Martins de Barros usa le banconote per denunciare
una crisi economica della quale non si riescono a comprendere fino in fondo i
motivi. Questa volta è il dollaro ad essere protagonista e in campo non c’è il
mitologico ratto di Europa, ma la casereccia Befana con tanto di calza sul capo
che tiene ben stretto il Vademecum dell’economista. Come nell’opera di Natale
anche qui il volto è anonimo, sorridente e grottesco denuncia un mondo immerso
nel pensiero unico dettato dagli equilibri economici.

Allo stesso modo ci ammonisce Antonio Natale prendendo a
prestito, forse inconsapevolmente, la parabola del ricco Epulone: questi, benché
ricco, non ha né volto né nome, mentre ha un volto preciso il povero Lazzaro. Così
l'identità del popolo europeo sta per essere inghiottita dallo strapotere di
una finanza di vario colore politico che, come suggeriva l'antico proverbio
lombardo, pagherà tutti i nostri debiti, chiedendo però un prezzo in natura
molto alto. Forse la crisi ci scuote dal torpore in cui siamo precipitati.
Difendiamo la nostra cultura dall'asservimento a poteri che la distruggeranno!
Meglio essere poveri e liberi che ricchi ma schiacciati da potentati prepotenti
e irrispettosi.Immagini: >Antonio Natale, Il Ratto d’Europa (The Abduction of Europa), 2011, acrilico su 6 banconote originali Austro-ungariche del 1902; 38,5 x 38,5 cm.>
>André Martins de Barros Crise Economique, 2010; 236 x 300 cm, olio su tela Collezione Privata>

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