Nel mondo di Internet i video stanno prendendo sempre più potere. Che si tratti di quelli di TikTok o dei reel, cioè dei video brevi di Facebook e Instagram, poco cambia. Persino l’informazione, le aziende di ogni tipo e il mondo del commercio li usano sempre di più per arrivare alle persone. Qualcuno l’ha definita la «TikTokenizzazione del mondo», visto che a dare un’accelerata significativa al fenomeno è stato il social cinese che ha ormai superato quota 1 miliardo di utenti. Ma la cosa è più complessa. In ogni caso questa corsa a produrre sempre più video e a metterli ovunque sta cambiando l’Internet e anche noi. Partiamo dalla Rete.
Secondo un recente rapporto del colosso canadese Sandvine,
piattaforme come Netflix e YouTube da sole consumano ormai il 26,5% del traffico digitale mondiale. Se si sommano gli altri principali soggetti che offrono streaming video (come, per esempio, Disney+ che vale il 4,5% e Prime Video di Amazon che pesa per il 2,8%), i filmati social (TikTok vale il 3,9% e Facebook il 2,9%), più corsi e riunioni online, le videochiamate e altri soggetti minori la percentuale sale al 56,1% del traffico mondiale. Scrive Sandvine: «La domanda di contenuti video è in vertiginoso aumento. Nella prima metà del 2022 è cresciuta del 24% rispetto al primo semestre 2021». Insomma, la crescita esponenziale dei video nelle nostre vite digitali è un fatto.
Che porta con sé diversi punti di riflessione. Il primo è che guardare sempre più video ci sta allontanando progressivamente dalla lettura e dalla scrittura. Non solo. Lo strapotere dei video sta cambiando anche il modo col quale comunichiamo. Meno spazio alle parole e alla profondità dei ragionamenti e più potere ai corpi, all’aspetto, ai gesti, alle voci, alla postura, agli abiti, alle emozioni e agli effetti video. Anche i social sono cambiati con l’aumento dei video e da piattaforme di relazione sono diventati (e lo saranno sempre di più) luoghi di esibizione, dove ognuno fa il suo “spettacolo” e gli altri guardano (e sempre meno persone commentano e si confrontano). Il terzo punto riguarda l’impatto pratico dello strapotere dei video sulla Rete. Più guardiamo video infatti e più consumiamo energia. La nostra per vederli e quella usata per distribuirli nelle nostre case e sui nostri cellulari. La qualità dei video, poi, e degli schermi per vederli, cresce sempre di più e di conseguenza il traffico dati necessario per guardarli nel miglior modo. Per farlo abbiamo bisogno di reti sempre più veloci, di connessioni a casa o sui cellulari sempre più efficienti e di schermi con una definizione sempre più alta. Secondo il colosso Cisco, la velocità media mondiale della banda larga nel 2023 toccherà i 110 Mbps. E qui si apre un altro aspetto importantissimo: quello del cosiddetto digital divide, cioè di quanto sono e sempre più saranno penalizzate le persone che non possono e non potranno permettersi contratti Internet domestici e dei cellulari ad alta velocità. Mentre lo scrivo penso ad amici e parenti che vivono anche in Italia in posti dove la “banda larga” arriva al massimo a pochi mega al secondo e i cellulari fanno le bizze. Per non parlare di chi non riesce per questioni economiche ad acquistare televisori, tablet,
monitor o smartphone sempre più sofisticati. Senza contare che oltre il 35% degli abitanti del mondo ancora non possiede nemmeno un collegamento Internet. Vorrei sbagliarmi e di grosso, ma temo che stiamo creando un mondo digitale sempre più a due velocità. Da una parte chi potrà usare la realtà virtuale, giocare in streaming o vedere le serie e i film in alta definizione su schermi sempre più grandi. Dall’altra chi ne resterà tagliato fuori. E non per scelta.
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