«Quando l'homo erectus divenne anche sapiens, nacque in lui quella che gli antichi chiamavano meraviglia. Lo stupore dinanzi alla volta celeste è ciò che generò nell'umanità delle origini, e tuttora genera nell'uomo fanciullo, il desiderio di conoscenza». Condivido appassionatamente questa interpretazione della nascita dell'uomo, come essere immaginativo. Che raggiunge il bipedismo spinto da un impulso a guardare oltre, prima verso l'orizzonte, precluso al quadrupede, e poi, ormai ritto su due gambe, in alto, verso il cielo. La volta stellata, ragione prima di stupore. «Filosofia, scienza e poesia provengono dal medesimo impulso, la meraviglia». Piero Boitani, uno dei maggiori pensatori del panorama internazionale, della razza di George Steiner e Jean Starobinski (rispetto ai quali brilla per felicità narrativa) con Il grande racconto delle stelle ha scritto un libro memorabile, che risponde a un bisogno elementare, primario: come gli uomini hanno guardato, dipinto, cantato gli astri. Lasciamo concludere a Boitani questo ciclo di Avventure: «Tutti gli uomini per natura amano il cielo stellato, ma c'è una differenza tra i modi in cui lo guardano l'innamorato, il navigatore, l'artista, l'astrologo, l'astronomo. Forse i poeti (intendo naturalmente anche pittori e musicisti) scoprono degli astri cose che gli scienziati non riescono a vedere».
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