Lettere
giovedì 8 agosto 2024
Una rara volta nella mia gioventù andai a teatro. Leggevo racconti di Anton Cˇ









echov e desiderai assistere a una sua opera messa in scena da un’eccellente compagnia. Mi appassionai della recitazione. Era una storia completamente russa, eppure in italiano aveva trovato un suo posto intimo, locale, grazie alla traduzione e agli interpreti. Mi coinvolse l’attrice per l’intensità della sua rassegnazione. Le scrissi una lettera, trovando il modo di fargliela avere. Non ne ricordo una sola parola, ma il sentimento di quell’ammirazione. Ottenni una risposta, qualche riga di ringraziamento, che non ho conservato. Commisi l’errore imperdonabile di scriverne una seconda. Sembra una cosa da nulla, che sarà mai una seconda lettera da essere imperdonabile? Il raddoppio diventava un’insistenza, peggio: una petulanza. Guastava la prima, screditandola a premessa, pretendendo un seguito. Non ebbi risposta. Consiglio alla persona che desideri o esiga da se stessa una vocazione letteraria, di esercitarsi con il formato lettera, rivolgerla a qualcuno. Immaginare che possa, leggendola, interessarsi al contenuto. Nel caso qualcuno voglia cimentarsi con questa forma antiquata, preciso che vanno scritte a mano con serbatoio d’inchiostro e su foglio di carta. Dell’esercizio fa parte la mancanza di risposta. © riproduzione riservata
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