Leonardo Bonucci, due figli e un esempio che resta
mercoledì 14 dicembre 2016
Leo Bonucci, difensore centrale della Juventus e della Nazionale, in campo non è esattamente simpaticissimo. O, meglio, non è simpaticissimo ai suoi avversari e ai tifosi delle squadra contro cui gioca, forse perché fa bene il suo mestiere che è quello, appunto, di difendere la propria porta, la propria maglia, i propri compagni. Chiunque abbia praticato uno sport, tuttavia, sa bene che di ogni atleta esistono due dimensioni: quella dentro e quella fuori dal campo. Spesso succede che queste due dimensioni siano parallele. Insomma, se Robert Louis Stevenson fosse nato qualche decennio più tardi avrebbe potuto facilmente collocare nel mondo dello sport il protagonista del suo capolavoro Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde. Così se Leo, quello che vediamo sgambettare nel rettangolo verde, svolge egregiamente il suo compito di atleta senza complimenti, senza etichetta, senza troppo galateo, Leonardo, quello fuori dal campo, non solo si difende, ma anzi si distingue per eccellenza nelle vicende complicate della vita.
Colpito nel cuore di padre dalla malattia di uno dei suoi due figli, Matteo, non ha avuto timore di sembrare debole (o di perdere quell'immagine gladiatoria così cara ai tifosi di tutte le latitudini) accettando un'intervista televisiva con gli occhi colmi di lacrime in cui raccontava le sue paure, il senso di scoramento e poi la commozione per un momento difficilissimo, ma che ormai è parte di un passato che, gli auguriamo di cuore, non tornerà mai più. Così Leo (quello che indossa il numero 19 sia sulla maglia bianconera che su quella azzurra) dopo qualche comprensibile permesso per stare vicino al suo piccolo Matteo, ha ricominciato a non fare prigionieri fra gli attaccanti avversari fino a procurarsi, capita anche ai gladiatori, un fastidioso infortunio. Nella gara di Champions League contro il Lione gli tocca in sorte una lesione al bicipite femorale. Come lui stesso ha detto, l'esperienza della malattia del piccolo Matteo gli permette di guardare alle cose da una prospettiva diversa, per cui nessun dramma, se non il fastidio di dover guardare da fuori alcune partite importanti, fra le quali il derby di Torino. E in questo caso, anche se Leo non può giocare, Leonardo diventa protagonista, pubblicando una foto su Instagram.
Nella foto c'è Leonardo che, indossando la maglia di Leo, si appresta a guardare il derby da casa. Di fianco a lui i suoi due figli: Matteo, anche lui con la maglia della Juve e Lorenzo che invece, sorprendentemente, indossa la maglietta granata del Toro. Poche parole per spiegare: «A casa, come allo stadio, è il giorno del derby. A ognuno il suo, per rispetto e amore. Novanta minuti di passione». Già perché Lorenzo tifa per il Toro «come il suo amico del cuore», spiega Leonardo. Quella foto, quel breve post, è un gesto gratuito e insieme dirompente nella sua semplicità e genuinità. Quante volte delle cronache di partite più o meno importanti, leggiamo soltanto dei bollettini di guerra, vediamo immagini violente, laceranti, divisive, di rabbia se non di odio? Leonardo Bonucci, con un gesto bello e gratuito, ci insegna che si può far anche un buon uso dei social media, che attraverso di essi si possono dare buoni esempi.
Così, se è vero che fa più rumore un singolo albero che cade di un'intera foresta che cresce, per una volta è bello parlare della foresta che cresce. È bello pensare al sorriso di Matteo per la vittoria della sua squadra del cuore, è bello pensare a Leo che urla ai goal dei suoi compagni e, contemporaneamente, a papà Leonardo che con addosso la maglia bianconera numero 19, consola Lorenzo, abbracciandolo dentro a una maglia granata.
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