«Non starò mai zitto di fronte alle ingiustizie». Potrebbe fermarsi qui la risposta di LeBron James, star del basket statunitense e icona mondiale della Nba, all'invito di Zlatan Ibrahimovic a stare in silenzio su argomenti che riguardano “la politica” e a continuare a fare bene la cosa che sa fare, ovvero giocare a pallacanestro. Quanto volte sentiamo applicare lo stesso metodo a chi in qualche modo si espone, spiega come la pensa su temi ad alto impatto come il razzismo, l'accoglienza dei migranti, la giustizia sociale, la lotta alla povertà. Tutti argomenti che Ibrahimovic racchiude, un po' frettolosamente, nel concetto di fare “politica”. Più volte da queste colonne ho ricordato anch'io come l'etimo della parola stessa richiami al bellissimo compito del “prendersi cura della polis”, ovvero del luogo che abitiamo e che dovremmo contribuire a rendere migliore.
«Mi interesso della mia gente, mi interesso della parità, delle ingiustizie sociali, del razzismo, del diritto al voto, delle cose che capitano nella mia comunità. Io sono parte della comunità e vedo quello che succede». Continua LeBron James, con lucidità, raccontando del suo supporto organizzativo e finanziario a una scuola per trecento ragazzini, proprio ad Akron, Ohio, dove è nato. Si chiama “I Promise School” e ha lo scopo di dare un'opportunità di studio completamente gratuita ai ragazzi che vivono in condizioni difficili. «Quei ragazzi hanno bisogno di una voce e io sono la loro voce», continua il campione americano. Parla di senso di comunità, di qualcuno che ha bisogno di un megafono per potersi far ascoltare. C'è chi sente quel ruolo e c'è chi si tappa le orecchie, certo.
Emerge, in questo scambio a distanza fra l'attaccante del Milan e la star dei Los Angeles Lakers, una storica differenza nell'interpretazione del ruolo di atleta fra Usa ed Europa. Oltreoceano capita molto più spesso che gli atleti diventino un punto di riferimento e siano capaci di interpretare un dovere civile: far sentire una voce, avere un'opinione, spendersi per qualcosa che può andare oltre al gesto atletico. Qui, nel Vecchio Continente, vale la regola del “pensa a giocare a calcio/basket/pallavolo” e siamo veramente lontani da quel modello. Così lontani che la popolarità dei campioni sportivi è benvenuta soltanto su palcoscenici diciamo così, più leggeri. Infatti, proprio in questa settimana, Ibrahimovic intratterrà il Paese dal palcoscenico del Teatro Ariston, quale ospite fisso al Festival di Sanremo. Tutto lecito, ci mancherebbe. Anzi, un'occasione che potrebbe diventare meravigliosa se, proprio usando la combinazione fra un seguitissimo evento nazionalpopolare e il grande seguito di un campione di calcio, potessero arrivare alti e buoni messaggi “politici” al Paese. Perché lo sport è politica e perché lo sport e la politica sono cose belle.
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