«Ma che ci faccio qui? Che ci faccio in questo posto? Che ci faccio ora? Questa è una domanda che ci siamo fatti almeno una volta nella vita. Forse perché non siamo stati mai capiti. O forse perché volevamo stare altrove e non ci siamo riusciti. Certe volte invece nella vita accadono cose inaspettate che mai avevamo immaginato potessero accadere. Ma quando accadono cambiano la vita». È partita così la prima puntata di Che ci faccio qui, la nuova striscia quotidiana in onda alle 20,25 su Rai 3 con Domenico Iannacone che torna a raccontare storie di vita e di riscatto per un viaggio nell'animo umano alla scoperta di personalità varie e spesso imprevedibili. Uomini e donne che hanno saputo reagire con determinazione in circostanze anche difficili. Il giovane scultore Jago ne è un esempio. Lui che da bambino sognava e immaginava di essere Michelangelo e ora, a 32 anni, è uno degli artisti più celebri e bizzarri della sua generazione. Ha un dono eccezionale: sa scolpire la pietra come pochi. Allievo ribelle, lascia l'Accademia di belle arti per essere uno scultore libero, anche di distruggere le proprie opere, per niente convinto che l'arte sia eterna. Incompreso in Italia, ha trovato rifugio e notorietà a New York dove le sue opere, tra cui tra cui una scultura dedicata a Benedetto XVI, sono di proprietà collettiva attraverso una sorta di azionariato popolare. Iannacone lo ha incontrato per l'esordio, lunedì scorso, di questo format che consiste in docufilm di una ventina di minuti e che al debutto ha fatto registrare un ascolto confortante con quasi un milione e 400 mila telespettatori in una fascia oraria non certo facile, ma sulla quale Rai 3 sta lavorando da tempo con prodotti originali e di breve durata. Per il resto, Iannacone, che firma Che ci faccio qui ancora in coppia con Luca Cambi, conferma quel suo stile già apprezzato ne I dieci comandamenti, il programma di inchieste morali. Si immerge nelle situazioni cercando però di non far sentire la propria presenza né quella delle telecamere. Eppure è sempre presente, a volte anche solo con l'espressione del viso. Ma in questo caso lo è addirittura a partire dalla sigla animata in cui spicca il volo per sfiorare le figure delle sue storie.
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