L'agricoltura biologica è in crisi, o quasi. Per il terzo anno consecutivo le aziende di produzione diminuiscono mentre aumentano quelle che effettuano l'importazione di prodotti dall'estero. Tutto mentre il mercato, al contrario, non sembra dare particolari segni di sofferenza. Si tratta di segnali importanti, che la dicono lunga sullo stato di uno dei comparti che fino a poco tempo fa era stato additato come una delle possibile vie di diversificazione verso nuovi mercati per l'agricoltura italiana. Sembra che anche per il biologico il momento delle scelte sia arrivato.
A fotografare la situazione è stata ancora una volta l'AIAB - l'associazione dei produttori biologici - che ha chiesto per questo un forte sostegno politico ed economico. A parlare, comunque, sono pochi numeri. Le imprese agricole biologiche sono scese da 42mila unità circa del 2003 alle 34mia 800 circa del 2004; diminuiscono anche le aziende di trasformazione (-3%) e, come già registrato negli scorsi anni, aumenta notevolmente il numero delle aziende di importazione (+13%). Nonostante questo - stando sempre alle indicazioni AIAB - il mercato del biologico è ancora vitale e la richiesta di prodotti certificati dell'agricoltura biologica continua a fare presa sul consumatore e le importazioni crescono.
L'allarme dei produttori, tuttavia, nasce anche da altre constatazioni. Secondo i dati pubblicati dal Sistema di informazione nazionale sull'agricoltura biologica (Sinab) relativamente al 2004, i piccoli produttori sono costretti ad abbandonare l'attività a favore delle grandi imprese. A dimostrarlo e' il fatto che sono in crescita le dimensioni delle aziende agricole che rimangono. La media della superficie delle imprese biologiche ha superato i 27 ettari, contro una media nazionale nel convenzionale di circa 5 ettari. E' un buon segno da una parte, cattivo dall'altra visto che comunque indica la perdita di un certo numero di attività imprenditoriali, magari anche in grado di preservare un importante patrimonio di valori
etici, culturali ed ambientali.
Insomma, così non va. La crisi delle produzioni biologiche, indica che è arrivato il momento di verificare molti elementi tecnici dell'attività, la reale convenienza a svolgerla in alcune aree, l'effettiva esistenza di sbocchi di mercato, le condizioni aziendali per stare al passo con la domanda. Serve, probabilmente, anche una iniziativa politica. Per questo è stata accolta con favore l'approvazione da parte del Governo di un disegno di legge per favorire lo sviluppo e la competitività di questo tipo di produzioni. In gioco, infatti, non solo le eventuali provvigioni finanziarie e burocratiche ma anche la fissazione di alcune regole di mercato come l'adeguamento della normativa e delle disposizioni sull'etichettatura e sulla promozione dei prodotti biologici. A dire l'ultima parole, comunque, sarà sempre il mercato a cui le imprese dovranno guardare con molta attenzione.
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