Raccolgo la sfida di quell'annotazione lasciata dal poeta Fernando Pessoa: «La realtà è il gesto visibile delle mani invisibili di Dio». E prego la realtà come chi si sofferma a descrivere una cattedrale. La realtà incompleta, imperfetta, sola come un navigatore solitario o come un astronauta che contempla, a migliaia di chilometri da casa, la notte siderale. Ma anche la realtà irrequieta e sognatrice come una ragazza. La realtà che albeggia, viva, conviviale, energica, salutarmente turbolenta, sorridente, pronta per una passeggiata di piacere. La realtà che sta sempre cominciando e richiede a noi lo stesso. Prego la sua rugosità, il suo peso color del piombo, i suoi accordi di pietra, le porte che non si aprono, le pieghe che fanno male. Come pure l'inaudita trasparenza, la possibilità di avventura, il gusto di rugiada fresca, l'incredibile rugiada nuova che la realtà possiede. Quello che oggi ti chiedo, Signore, è, in fondo, la capacità di riconoscere in ogni cosa il movimento delle tue mani. Che io mi meravigli di come la vita ti rispecchia. Che sappia leggerla e abbracciarla in profondità, come una parola che mi viene da te.
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