Giù in cantina c'è un ragazzo che tenta di vivere la sua vita in pace. Ma un giorno dovrà unirsi al mondo di sopra e non ce la farà a sopravvivere. Occhi incollati alla tv, orecchie sigillate dalle cuffie, lasciato a se stesso, un estraneo in casa sua.
Quante volte sarà capitato a tutti di viaggiare su un vagone di treno o di metropolitana accanto a un ragazzo con le "orecchie sigillate dalle cuffie": il flusso sonoro spacca-timpani riesce tuttavia a debordare, la testa si agita in modo ritmico, tutto ciò che è esterno è estraneo. Una rappresentazione che trovo nel testo di R. Jabert, I ragazzi dello scantinato, inserito nel volume a più voci La terra desolata dei teenagers (Arcana 2001). L'autore suppone, però, un altro livello di vita del giovane, un livello altrettanto solitario e desolato, quello dello "scantinato" appunto. Nei sotterranei della storia il giovane si ritira ignorando il flusso della vita che pulsa sopra di lui; ma, anche quando è costretto a salire in superficie, eccolo subito lasciato solo con le "orecchie sigillate" e "gli occhi incollati alla tv".
È, certo, un ritratto impietoso e, per fortuna, parziale della gioventù di oggi. Un ritratto che, però, raffigura una legione di ragazzi, pieni di un vuoto che colmano solo con
musica assordante e immagini effervescenti ed evanescenti. Il loro non è uno stile di vita, come accadeva alla beat generation, è solo un comportamento fine a se stesso, è assenza di progetti, è inerzia perché è impossibile reperire un senso
o una meta. Per questo penso che la questione giovanile sia capitale, anche se non è facile intuire quale strada imboccare per andare incontro a questi ragazzi. Qui lascio cadere solo la domanda, perché un po' tutti abbiamo a riflettere e a impegnarci.
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