“Lazarillo”, all'origine del romanzo realista
venerdì 29 novembre 2019
La casa editrice Adelphi ha avuto l'ottima idea di riproporre al lettore, proprio al lettore che legge, individuo sempre più raro e prezioso, uno dei capolavori della letteratura europea, il Lazarillo de Tormes (pagine 162 , euro 18,00), racconto picaresco di autore incerto o meglio ignoto, con il quale si definisce, forse per la prima volta in Occidente, la formula letteraria da cui nascerà e si svilupperà il più tipico, influente e vitale genere letterario moderno: il romanzo realistico. Lessi il libro quando ero studente universitario nelle edizioni Bur (Biblioteca Universale Rizzoli) e ora mi propongo di rileggerlo. Ma comincio con l'introduzione di uno studioso e critico come Francisco Rico: un saggio di una dozzina di pagine che vale una teoria del romanzo e si apre con queste righe: «La prima cosa da dire sul Lazarillo de Tormes è che il lettore si troverà davanti a una meraviglia di humour e umanità, a un torrente di ingegno e di ironia benevola non meno che implacabile, retta com'è dalla visione di un mondo in cui tutto è relativo». E poi: «Mai, in poco più di venti secoli di vita, la letteratura occidentale aveva conosciuto un'opera di finzione come questa [...]. Nessuna aveva mai contemplato un personaggio umile come Lazaro con tanta attenzione e con uno sguardo così vigile nei confronti della materialità e delle piccole cose dell'esistenza quotidiana». In effetti, il romanzo sarebbe stato nei secoli successivi esattamente questo: protagonisti di ogni classe sociale e attenzione alla vita concreta e quotidiana che rivela in dettaglio non solo la realtà della vita, ma anche la verità morale degli individui. Cioè il romanzo come finzione rivelatrice di realtà, che i lettori leggono sapendo eppure non credendo e non volendo che si tratti di finzione. Nella narrativa realistica nessun dettaglio è superfluo e “l'effetto di realtà” è ottenuto attraverso la scelta dei dettagli più rivelatori. L'etica del romanzo qui c'è già tutta: «Lazaro non crede ai dogmi sbandierati dalla società e si lascia guidare solo da un'elementare senso di umanità e da un cristianesimo che non conosce altro precetto se non quello della carità». Anche secondo un grande critico come Erich Auerbach, che ne parlò nella sua opera maggiore, Mimesis. La realtà rappresentata, da Omero a Virginia Woolf (1946), è dal «realismo creaturale» che nasce il romanzo moderno, genere letterario nel quale si presuppone la tradizione giudaico-cristiana e si annuncia la democrazia, in contrasto con l'aristocraticismo greco estremizzato da Nietzsche.
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