Tornando dall'ultimo Sanremo, non me la sento di stare zitto e buono come chiedono i vincitori, i “giovani rock” Måneskin. Quindi, giù le mani dalle donne. Con passo più lento, rispetto a loro, scopro che l'8 marzo è appena trascorso e le mimose sono già appassite. «Gli uomini non cambiano...», cantava una struggente Mia Martini. Povera Mimì, una delle più belle voci della cantar leggero italico, tradita, ferita e poi uccisa dalla violenza maschile e dalla maldicenza, che, come l'invidia («il vero virus del terzo millennio», me lo confidò il ct Roberto Mancini) non fa distinzione di genere. Che questa sia una società ipocritamente sessista, in cui le donne ancora spesso passano per soggetti di serie B, lo conferma la triste vicenda della pallavolista, Lara Lugli. La sua storia di sportiva incinta messa al margine, l'ha denunciata con il cuore in mano di mamma su Facebook e per noi l'ha scritta di pancia e da padre di famiglia Antonio Giuliano. «Rimango incinta e il 10 marzo comunico alla società il mio stato, si risolve il contratto», scrive Lara, che il mese successivo avrebbe perso anche il bambino a causa di un aborto spontaneo. Il Pordenone, la sua società, le doveva ancora il pagamento dell'ultima mensilità, 1.000 euro. Una fortuna no? Richiesta non accolta, anzi il club la cita per danni, accusandola di aver «venduto prima la sua esperienza con un ingaggio sproporzionato». Diventare madri in uno sport professionistico, che poi di fatto per quel che attiene alle donne nel 2021 non lo è ancora (presidente Coni Malagò e premier Draghi, si prega vostra legittima invasione di campo, grida anche l'associazione Assist) è dunque una scelta deplorevole di cui vergognarsi? La triste storia di Lara rimanda a quella, passata quasi sottotraccia, di Carli Lloyd, la 31enne palleggiatrice americana ex Casalmaggiore, contro la quale si era scagliato il becero popolino social prendendola di mira per la sua gravidanza. Risultato finale? La Lloyd ha rescissso con Casalmaggiore ed è tornata di corsa negli Usa. Le violenze verbali lasciano cicatrici profonde quanto quelle fisiche. L'ex capitana azzurra del volley Maurizia Cacciatori ha raccontato al settimanale F che vent'anni fa (oggi è una mamma 47enne) il suo allenatore le fece delle avances e lei reagì: «Gli urlai contro tutto il mio disprezzo. Sbatto la porta della palestra e lascio la squadra». Rispetto alla pallavolo, quello del calcio non è il paese delle meraviglie, eppure questa volta la sua Alice, Pignagnoli, portiere del Cesena femminile, smentisce la diceria degli untori. Quando era incinta di sette mesi non è stata messa alla porta come Lara o costretta a fare la valigia e volare via come la Lloyd, ma gli hanno continuato a pagare i rimborsi delle trasferte e fatta sentire parte integrante della squadra. Per questo ringrazia ancora la team manager, Manuela Vincenzi e suo marito, il presidente del Cesena femminile Massimo Magnani, i quali nei giorni della dolce attesa gli dicevano: «Con la nascita di Eva avremo una giocatrice in più, l'Alice calciatrice e l'Alice mamma».
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